L’infanzia e l’adolescenza sono dei periodi molto delicati. L’emergere di malesseri emotivi o sintomi in queste delicate fasi della crescita possono essere il segno di problemi, che se non affrontati, possono compromettere la vita da adulti.
Nella categoria dei disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza sono raggruppati una grande varietà di problematiche, le difficoltà possono riguardare l’area dell’apprendimento, le capacità linguistiche, le abilità motorie, il comportamento, la capacità di mantenere l’attenzione, l’alimentazione e l’evacuazione, il rapporto con le figure di riferimento.
Possono esprimersi in varie forme, agendo sul comportamento, sulla gestione dei rapporti interpersonali o sullo sviluppo cognitivo.
Per i disturbi che emergono entro i 18 anni il manuale diagnostico dei disturbi psichiatrici (DSM 5) fa una classificazione a parte in quanto trattandosi di individui in fase di crescita i sintomi che insorgono hanno caratteristiche a se stanti.
Il DSM 5 raggruppa i disturbi in una macrocategoria chiamata disturbi del neurosviluppo in quanto questi di solito emergono nelle prime fasi dello sviluppo, e dunque prima dell’inizio della scuola elementare.
Sono caratterizzati da deficit che compromettono l’adeguato funzionamento personale, sociale, scolastico e lavorativo dell’individuo in funzione delle fasce di età.
Si possono verificare diversi livelli di gravità nel funzionamento in questo periodo della vita, da semplici limitazioni dell’apprendimento come le dislessie, fino alla compromissione globale delle abilità sociali e intellettive come nelle forme più gravi di autismo.
E da sottolineare che proprio per le fasi di cambiamento che gli infanti vanno incontro spesso il clinico fa fatica a far rientrare una serie di sintomi all’interno di categorie specifiche. Pertanto è importante che i criteri diagnostici vengano usati prevalentemente per favorire le giuste cure che per altri usi.
Nel manuale diagnostico dei disturbi mentali (DSM 5) i disturbi del neurosviluppo sono stati classificati in 6 aree:
- Disabilità intellettiva o Disturbo dello sviluppo intellettuale.
- Disturbi della comunicazione.
- Disturbi dello spettro autistico.
- Disturbo da deficit di attenzione/iperattività.
- Disturbo di apprendimento specifico.
- Disturbi del movimento.
- Disabilità intellettiva o Disturbo dello sviluppo intellettuale
La disabilità intellettiva si riferisce a quella condizione che in passato veniva comunemente chiamato ritardo mentale. Quando ha esordio nell’infanzia può essere dovuta a fattori ereditarie, malattie o condizioni famigliari e ambientali.
Questo stato può variare di gravità in funzione delle abilità compromesse e della possibilità di un individuo di sviluppare in età adulta un certo grado di autonomia.
Nei casi più gravi, i deficit osservati nei bambini con disabilità intellettive, possono comportare una compromissione del funzionamento adattivo tale che l’individuo risulta incapace di soddisfare gli standard di autonomia e di responsabilità sociale in uno o più aspetti della vita quotidiana, comprese la comunicazione, la partecipazione sociale, l’attività scolastica o lavorativa, e l’autonomia a casa o nella comunità.
In psicologia della sviluppo in base al grado di compromissione delle abilità si sono inquadrati quattro livelli di gravità (lieve, moderato, grave ed estremo).
Si è visto che le abilità che permettono a una persona di integrarsi e diventare autonoma riguardano:
- Le capacità pratiche come il sapersi prendere cura di se stessi, la responsabilità sul lavoro, la gestione del denaro o le attività svolte nel tempo libero. Si include anche l’aspetto organizzativo della scuola e dei compiti di lavoro.
- Le competenze sociali che riguardano la capacità empatica, il giudizio sociale e interpersonale, la capacità di comunicazione, la capacità di fare e mantenere amicizie e capacità similari.
- La competenza concettuale: come le competenze linguistiche, abilità di lettura, scrittura, matematica, ragionamento, memoria e anche conoscenze generiche.
Durante l’infanzia e l’adolescenza sono previste delle fasi di sviluppo di questi domini grazie all’educazione e all’istruzione al fine di raggiungere una adeguata condizione di autonomia e possibilità di indipendenza.
Quando le abilità nei varie domini sono compromesse è possibile con esperti del settore pianificare dei programmi specifici di intervento al fine di sviluppare al meglio le abilità residue. Oggi si è visto che con adeguati programmi gli individui con disabilità gravi, se seguiti dai primi anni, imparano le abilità fondamentali per l’autonomia come il lavarsi, il vestirsi, il mangiare da soli e organizzarsi anche il pasto. Come è immaginabile se lasciati a sè stessi questi soggetti possono peggiorare, finire in istituti o essere un peso enorme per le famiglie.
Purtroppo molto spesso il potenziale che si può sviluppare, anche nei casi di disabilità intellettiva grave viene sottovalutato. Gli individui non accedono precocemente alle cure e questo comporta la perdita di quelle capacità che è possibile recuperare grazie alla plasticità celebrale. Gli esperti che si occupa delle patologie del neurosviluppo hanno sempre ribadito che il cervello degli infanti, nei primi 3 o 4 anni di vita, ha una sua plasticità neuronale che si perde nell’età scolare. Questo comporta la definitiva perdita di possibilità di sviluppare abilità compensative determinanti per l’evoluzione della patologia.
Dunque intervento precoce è la carta vincente quando si ha il sentore che qualche cosa non va’ nel proprio figlio. Nella maggioranza dei casi le disabilità vengono diagnosticate tardi, se va bene all’ingresso della scuola materna. Quando ciò accade si è ancora in tempo per favorire lo sviluppo di quelle capacità compensative neuronali che il cervello può ancora promuovere. I dati dimostrano, invece, che le disabilità vengono per la stragrande maggioranza diagnosticate nei primi anni di scolarizzazione e questo comporta un enorme danno alla possibilità di far sviluppare adeguate competenze o autonomie di base. In questi casi il cervello ha ormai perso la maggioranza della sua plasticità e al paziente non resta che sperare di recuperare qualcosa dai programmi personalizzati nella speranza di sopravvivere il più dignitosamente possibile da adulto.
- Disturbi della comunicazione
I disturbi della comunicazione sono caratterizzati da difficoltà nell’area del linguaggio.
Può essere alterata la capacità di produrre suoni, di imparare e comprendere parole e di utilizzarle in contesti sociali.
Nel DSM 5 vengono classificati in “disturbo dell’espressione del linguaggio”, il “disturbo fonetico-fonologico”, il “disturbo della comunicazione sociale” (pragmatica) e il “disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia” (balbuzie).
I primi tre disturbi sono caratterizzati da deficit dello sviluppo e dell’utilizzo delle capacità linguistiche, dell’eloquio e della comunicazione sociale rispetto all’età.
Il bambino ha difficoltà nell’attribuzione di significati ai simboli, alle parole e alle immagini, non comprende (o comprende parzialmente) la funzione comunicativa e ha un vocabolario ridotto rispetto all’età. Inoltre vi è una evidente difficoltà ad apprendere le regole della grammatica e i diversi linguaggi in base ai contesti.
Mentre il disturbo della fluenza con esordio nell’infanzia è caratterizzato da anomalie della normale fluenza e dell’articolazione della parola, compresi suoni o sillabe ripetitivi, prolungamento delle consonanti o delle vocali, interruzione di parole, blocchi o parole pronunciate con eccessiva tensione fisica. Come altri disturbi del neurosviluppo, i disturbi della comunicazione si manifestano precocemente e possono interferire con lo sviluppo delle più comuni abilità necessarie per una adeguata vita nella fase adulta.
- Disturbi dello spettro autistico.
Il disturbo dello spettro autistico è caratterizzato dalla compromissione persistente della comunicazione e dell’interazione sociale.
Caratteristica distintiva dell’autismo è il deficit della reciprocità sociale, della comunicazione non verbale utilizzata per le interazioni sociali, e delle abilità di sviluppare, mantenere e comprendere le relazioni interpersonali. In aggiunta ai deficit della comunicazione sociale, la diagnosi di disturbo dello spettro dell’autismo richiede la presenza di un repertorio di comportamenti, interessi o attività limitato e ripetitivo.
Questi sintomi sono evidenti nella prima infanzia e limitano o compromettono il funzionamento dell’individuo nella vita quotidiana.
Poiché i sintomi cambiano con lo sviluppo e possono essere mascherati da meccanismi compensatori, i criteri diagnostici possono essere soddisfatti sulla base di informazioni anamnestiche, sebbene la presentazione attuale debba causare una compromissione significativa.
Il disturbo dello spettro autistico può manifestarsi in svariate modalità per questo si usa il termine spettro, in quanto sta a indicare il variare delle manifestazioni sintomatologiche.
Per dare un’idea dei comportamenti più tipici del disturbo dello spetto autistico qui di seguito possiamo elencare una serie di caratteristiche con cui si manifesta:
– anormalità del contatto oculare;
– ridotto interesse per la condivisione di interessi, attività o emozioni e, in generale, per l’altro;
– mancanza di iniziativa e/o risposta nell’interazione sociale o approcci anomali;
– eccessiva aderenza a routine e rituali, con conseguenti manifestazioni di estremo stress in caso di anche piccoli cambiamenti;
– interessi eccessivamente ristretti, da cui è estremamente difficile distogliere l’individuo;
– difficoltà nell’uso e nella comprensione della comunicazione non verbale, fino alla totale assenza di espressività facciale e gestualità;
– parole (o serie di parole) e/o movimenti (ad es. schioccare le dita o dondolarsi) fissi e ripetuti;
– nei bambini, mancanza di gioco di immaginazione.
– indifferenza per caldo/freddo/dolore o, al contrario, eccessiva reattività a suoni, colori, odori, oggetti in movimento, ecc;
Questi disturbi sono spesso associati a una compromissione intellettiva e linguistica.
Circa le cause dell’autismo sono state avanzate diverse ipotesi. Si è osservato che in molti casi è presente un’importante componente genetica e che risulta associata a condizioni cliniche diverse, tra cui epilessia, alterazioni del sistema nervoso centrale (malformazioni, encefaliti, ecc.), sindromi genetiche (Sindrome dell’X fragile, anomalie del cromosoma 22, ecc.), patologie metaboliche (fenilchetonuria).
Nel 2011, l’Istituto Superiore di Sanità ha diffuso le Linee Guida per il Trattamento dei Disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti (http://www.snlg-iss.it/cms/files/LG_autismo_def.pdf).
Gli studi sui risultati dei trattamenti hanno messo in evidenza che sono particolarmente efficaci gli interventi mediati dai genitori, in cui, questi ultimi vengono guidati dai professionisti nell’apprendere e applicare, nella quotidianità, modalità di comunicazione e atteggiamenti utili a favorire lo sviluppo e le capacità comunicative del figlio.
È stato osservato che di notevole efficacia sono i programmi intensivi con l’obbiettivo di modificare i comportamenti problematici, va inoltre sottolineato che per intervenire sui sintomi spesso può essere utile un trattamento farmacologico.
- Disturbo da deficit di attenzione/iperattività
Il DDAI (disturbo da deficit di attenzione/iperattività) è un disturbo del neurosviluppo che consiste nella difficoltà del bambino a mantenere l’attenzione su di un compito, vi può essere presente uno stato di iper-attività o di l’impulsività difficilmente gestibili dai genitori.
Le caratteristiche distintive sono la disattenzione, l’iperattivismo e l’impulsività.
La disattenzione si manifesta a livello comportamentale nel DDAI come la divagazione dal compito, mancanza di perseveranza, difficoltà a mantenere l’attenzione e disorganizzazione, e non è causata da atteggiamento di sfida o da mancanza di comprensione.
L’iperattività si riferisce a un’eccessiva attività motoria (come un bambino che corre dappertutto) in momenti in cui essa non è appropriata, o a un eccessivo dimenarsi, a tamburellamenti o loquacità.
L’impulsività si riferisce ad azioni affrettate che avvengono all’istante, senza premeditazione, e che hanno un alto potenziale di danno per l’individuo (per es., attraversare la strada senza guardare). L’impulsività può riflettere un desiderio di ricompensa immediata o un’incapacità di ritardare la gratificazione. Comportamenti impulsivi possono manifestarsi come invadenza sociale (come per es., interrompere gli altri) in modo eccessivo e presentarsi in più contesti come a casa e a scuola. I primi sintomi possono iniziare già verso i 4 anni ma l’evidenza del disturbo si manifesta con l’inizio della scuola elementare, quando la disattenzione interferisce con l’apprendimento.
Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders (DSM-5), vi sono 3 tipi di DDAI:
- Variante con disattenzione predominante
- Variante con iperattività/impulsività predominante
- Combinato
Il trattamento di solito è rappresentato da una terapia farmacologica con farmaci stimolanti associata alle terapie comportamentali e interventi psicoeducativi.
Le cause possibili del disturbo da deficit di attenzione/iperattività sono rappresentate da componenti genetiche, biochimiche, di sviluppo sensitivo-motorie, fisiche oltre che ambientali-comportamentali
Per diagnosticare il disturbo gli specialisti devono comprendere se il bambino è disattento per problemi reattivi a stimoli esterni (ossia, input ambientali) o per problemi interni (ossia, disturbo del pensiero, ansia, inquietudine). Durante la tarda infanzia, comunque, i segni di disturbo da deficit di attenzione/iperattività divengono più facilmente identificabili; i bambini con il tipo iperattivo-compulsivo o con il tipo combinato spesso presentano livello di attività motoria elevata con movimento continuo degli arti (p. es., movimento di mani e piedi senza finalità precisa), un linguaggio impulsivo e una mancanza di consapevolezza dei possibili rischi ambientali legati alla loro iperattività.
La valutazione specialistica mira ad identificare le condizioni potenzialmente trattabili che contribuiscono alla sintomatologia o che la determinano.
- Disturbo di apprendimento specifico
Il disturbo di apprendimento specifico si manifesta la prima volta durante gli anni della formazione scolastica ed è caratterizzato da persistenti e progressive difficoltà nell’apprendere le abilità scolastiche di base nell’ambito della lettura, della scrittura e/o del calcolo. Comunemente questo disturbo viene chiamato con i termini dislessia, la discalculia e la disgrafia in base all’abilità deficitaria.
Il disturbo specifico dell’apprendimento, come indica il nome, viene diagnosticato quando sono presenti deficit specifici dell’abilità di un individuo di percepire o elaborare informazioni in maniera efficiente e accurata.
Diagnosticato sia nell’infanzia che nell’adolescenza spesso si manifesta con un rendimento scolastico inferiore agli altri, senza che ciò sia giustificato dall’età, dalle capacità intellettive e dal percorso scolastico effettuato.
In questi casi la prestazione dell’individuo nelle abilità scolastiche interessate è di gran lunga al di sotto della media per l’età, o sono raggiunti livelli accettabili solo attraverso sforzi straordinari. Tale disturbo può presentarsi in individui identificati come intellettivamente dotati e può manifestarsi solo nel momento in cui le esigenze di apprendimento o le procedure di valutazione (per esempio prove cronometrate) pongono delle barriere che non possono essere superate dall’intelligenza innata e dalle strategie compensatorie. In tutti gli individui il disturbo specifico dell’apprendimento è in grado di dare luogo a compromissioni permanenti di tutte quelle attività che dipendono dalle abilità coinvolte, comprese le prestazioni lavorative. Si tratta di un disturbo di origine biologica e di solito il disturbo è l’esito di un’interazione di fattori genetici, epigenetici e ambientali che colpiscono le capacità cerebrali di percepire e processare informazioni verbali e non verbali in modo efficace e preciso. Quando il disturbo è diagnosticato nei primi anni della alfabetizzazione è possibile intervenire con dei programmi specifici di apprendimento compensatori. Troppo spesso questo disturbo non viene diagnosticato in fretta questo comporta diverse conseguenze. Una è quella del rallentamento dell’apprendimento nonostante siano intatte le capacità mentali, un’altra effetto molto importante sono le conseguenze sulla emotività del bambino in seguito agli effetti del disturbo. Durante il periodo scolare il bambino si vede attribuire valutazioni negative nonostante i propri sforzi e questo può minare la sua autostima. Infatti quando questo disturbo non viene diagnosticato nei primi anni della scolarizzazione si sono osservati sintomi a carico dell’umore e sentimenti di isolamento e inadeguatezza.
- Disturbi del movimento
I disturbi del movimento riguardano la sfera delle capacità motorie.
Nel DSM5 vengono classificate in:
- il disturbo dello sviluppo della coordinazione,
- il disturbo da movimento stereotipato,
- disturbi da tic.
Il disturbo dello sviluppo della coordinazione è caratterizzato da deficit dell’acquisizione e nell’esecuzione delle abilità motorie coordinate. Quando l’individuo cerca di eseguire alcuni compiti come camminare, salire le scale, vestirsi ecc.. mostra goffaggine, lentezza o imprecisione; di conseguenza lo svolgimento delle attività della vita quotidiana risultano difficoltose.
I bambini piccoli possono presentare un ritardo nel raggiungimento delle tappe motorie fondamentali (per es., sedersi, gattonare, camminare), sebbene molti raggiungano le tappe motorie adeguate. Essi possono inoltre sviluppare in ritardo alcune abilità quali pedalare, abbottonarsi le camicia, assemblare puzzle e chiudere le cerniere. Anche nel momento in cui l’abilità viene acquisita, l’esecuzione dei movimenti può apparire scoordinata, lenta o meno precisa rispetto ai coetanei. Anche i bambini più grandi potrebbero mostrare lentezza o imprecisione negli aspetti motori di attività quali assemblare puzzle, costruire modellini, giocare con la palla (specialmente in squadra), scrivere a mano, battere a macchina, guidare o dedicarsi alla cura personale. Il disturbo dello sviluppo della coordinazione viene diagnosticato solo se la compromissione delle abilità motorie interferisce in modo significativo con lo svolgimento o con la partecipazione alle attività quotidiane della vita familiare, sociale, scolastica o comunitaria
Il disturbo da movimento stereotipato invece riguarda comportamenti motori ripetitivi, apparentemente intenzionali e apparentemente afinalistici.
Si possono manifestare con comportamenti come scuotere le mani, dondolarsi, battersi la testa, morsicarsi o colpirsi. Alle volte si osservano comportamenti autolesivi come battersi la testa ripetutamente, schiaffeggiarsi, mettersi le dita negli occhi, mordersi parti del corpo.
Tali movimenti possono essere resistenti agli sforzi per fermarli specialmente quando sono concomitanti con disturbi del neurosviluppo. In linea generale però il pattern di comportamenti stereotipati è variabile e individuale.
I disturbi da tic sono caratterizzati dalla presenza di tic motori o vocali, che sono movimenti stereotipati o vocalizzazioni improvvisi, rapidi e non ritmici. Un individuo può avere diversi sintomi da tic che possono coinvolgere le funzioni vocali o muscolari.
Alcuni esempi sono il chiudere gli occhi, schiarirsi la gola, scrollare le spalle, questi tic possono durare da alcuni millisecondi a pochi secondi, e presentarsi singolarmente e in concomitanza.
Vengono distinti in quattro categorie: disturbo di Tourette, disturbo persistente (cronico) da tic motori o vocali, disturbo transitorio da tic, disturbo da tic con altra specificazione e disturbo da tic senza specificazione.
Il disturbo di Tourette viene diagnosticato quando l’individuo presenta tic motori e vocali multipli che si manifestano da almeno un anno.
La durata, la presunta eziologia e il quadro clinico definiscono quale specifico disturbo da tic viene diagnosticato.
I tic sono comuni nell’infanzia ma nella maggioranza dei casi sono transitori. La sintomatologia peggiora dalla presenza di ansia, eccitazione, stanchezza e possono migliorare nei momenti di calma e di concentrazione.
Grazie dell’attenzione
Psicologa, Psicoterapeuta
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Studio in: corso Gramsci 133, Palagianello (Ta)
tel 3201987812 email: giuliadecarlo@hotmail.com