L’ empatia psicoanalitica:
i concetti di identificazione concordante e
identificazione complementare
L’empatia psicoanalitica è un sentire autentico e profondamente vero che si può realizzare in terapia psicoanalitica, probabilmente, dopo molte sedute, a patto che un terapeuta abbia fatto un percorso efficace di conoscenza del suo modo di funzionare e di sentire.
In un certo senso, le emozioni del terapeuta diventano quella “cassa di risonanza” che svelano aspetti inconsapevoli di un paziente in primis al terapeuta; queste emozioni controtrasferali in secondo tempo diverranno elementi da elaborare in terapia come fonte preziosa di conoscenza di sè per il paziente.
Per comprendere l’empatia psicoanalitica è fondamentale acquisire la comprensione dei concetti di
“identificazione concordante” e di “identificazione complementare”.
Contributo molto interessante è il lavoro di Spazàl intitolato «Empatia e controtransfert come parti costitutive della comprensione psicanalitica».
Egli riporta innanzitutto le due principali distinzioni tra controtransfert e empatia formulate da Berger (1987).
Berger mette in evidenza che l’empatia è uno stato emotivo vissuto dal terapeuta a contatto con il paziente come soggetto.
Il controtransfert invece è uno stato emotivo vissuto dal terapeuta a contatto con l’oggetto del mondo interno del paziente.
Spazàl nota come queste due definizioni corrispondono rispettivamente ai concetti di identificazione concordante e di identificazione complementare, in cui quest’ultima appunto si realizza con l’oggetto proiettato dal paziente sull’analista (Racker, 1957). Di conseguenza ci sarebbero due fondamentali differenze in quanto l’empatia scaturirebbe da un settore non conflittuale della personalità dell’analista, mentre il controtransfert scaturirebbe da un settore conflittuale.
Spazàl nel suo scritto racconta di una sua esperienza in cui ritiene di aver vissuto un momento di empatia nei confronti di un suo paziente e scrive:
“Dopo aver inseguito il paziente durante l’intera seduta, abbi finalmente l’impressione di averlo raggiunto. Gli ultimi pensieri sarebbero potuti essere di entrambi.”
Mentre in alcune circostanze può accadere che l’analista possa commettere gravi errori cercando di accantonare le proprie reazioni controtransferali nella speranza di mitigare le continue tensioni istituite nel rapporto analitico, forzando una disponibilità empatica inautentica. In questo caso è evidenziata come la ricerca di una comunione empatica con il paziente possa condurre anche l’analista alla negazione di una realtà spiacevole. Se il terapeuta non riconosce i suoi vissuti in queste circostanze la coppia analitica può finire ad usare gli stessi meccanismi di negazione. Il funzionamento del paziente così và a colonizzare anche il terapeuta saturando le sue capacità riflessive a causa dell’impossibilità da parte del paziente di tollerare l’impatto di una realtà psichica “traumatica” oppure semplicemente per evitare una situazione esterna scomoda.
IL CASO DELLA SIGNORA Z.
Spazàl per spiegare le due differenti tipologie di identificazioni fa l’esempio di un caso clinico da lui seguito, la signora Z e le sue figlie gemelle X e Y che all’epoca in cui la madre era in terapia erano adolescenti.
Spazal racconta che la signora Z era una vedova che frequentemente viveva uno stato depressivo. Nei confronti della madre le sue due figlie gemelle avevano due comportamenti antitetici. La figlia X si mostrava preoccupata e accoglieva i momenti di difficoltà depressiva della madre consolando e prendendosi cura di lei. Mentre la figlia Y invece mostrava, nei confronti della madre (quando era depressa) impazienza e irritazione. A livello caratteriale la gemella X era molto simile alla madre Z, mentre Y si mostrava diversa e per alcuni versi non veniva pienamente accettata.
Spazàl analizzando questi due tipi di rapporti scoprì che il diverso comportamento delle figlie metteva in evidenza due lati entrambi esistenti della madre di cui uno era più in luce e l’altro in ombra.
Dunque circa il comportamento delle due ragazze, l’autore, mette in evidenza che questo dipendesse da due modi differenti di comprendere le caratteristiche materne. Tra l’altro anche nella storia della crescita delle due bambine la madre aveva fornito maggiori cure materne a X rispetto a Y. In seguito al diverso tipo di rapporto che la madre aveva avuto con le due figlie si metteva in evidenza come X mostrasse la tendenza a immedesimarsi nelle esperienze soggettive della madre, invece Y aveva sviluppato un atteggiamento aggressivo che richiamava il comportamento accusatorio che la madre aveva nei confronti degli altri come causa dei suoi mali. Dunque Y manifestava l’aggressività persecutoria della madre.
Bolognini: l’ analisi del caso e l’empatia psicoanalitica
Bolognini nel suo libro “l’empatia psicoanalitica” riprende il caso della signora Z e analizza la relazione famigliare.
Giunge a ritenere che X e Y comprendevano la madre solo a metà, in quanto X si identificava con la soggettività egosintonica materna, mentre Y incarnava l’oggetto interno egodistonico, ossia quella parte in ombra che la madre stessa non accettava di sè.
Bolognini a proposito di questo caso afferma: – “In questo caso ciò che manca ad ambedue e la funzione introspettiva. Questa farebbe da tramite e filtrerebbe l’esperienza favorendo una modificazione dei loro sentimenti reattivi a favore di una conoscenza integrata dei due aspetti materni.”
Questo esempio illustra come in realtà il comportamento di X mostra una relazione fusionale con l’io della madre. Detta in altri termini il rapporto di immedesimazione di X con la madre è una identificazione primaria che non lascia spazio al pensiero e alla separatezza, X non percepisce l’altra componente persecutoria aggressiva della madre Z. Questa componente persecutoria invece viene introiettata dalla sorella Y che agisce il controtransferale mettendo in scena il conflitto intra-psichico relazionale materno.
Secondo Spazàl si tratta di due rapporti fusionali con due aspetti differenti compresenti nella madre Z.
X s’identifica con la madre come soggetto, il suo vissuto di empatia (o identificazione concordante) in questo caso però sarebbe di carattere fusionale nel caso di X, senza lasciare spazio a un processo di distanziamento che le permetterebbe di mettersi nei panni della sorella Y e comprendere anche la sua posizione.
Identificazione complementare o anche controtransfert, invece , avverrebbe nel caso di Y che , molto probabilmente si è sentita in passato trascurata e non amata quanto la sorella da parte della madre. E dunque ricalcherebbe lo stesso atteggiamento accusatorio della madre nei confronti degli altri (o del mondo) quando durante i suoi stati depressivi esprime quanto è sfortunata.
Bolognini ritiene che questi due tipi di identificazione possono svolgersi nella relazione terapeutica ma è fondamentale che il terapeuta possa viverseli in un primo momento così come si manifestano, per poi fare un lavoro di decifrazione della tipologia di relazione messa in scena. Affinché questo processo elaborativo accada è indispensabile che il terapeuta sappia uscire dal processo identificativo al fine di creare uno spazio destinato alla riflessione, e avviare un processo di “pensiero integrativo” di questi istanze intrapsichiche. Secondo Bolognini la vera empatia nasce dall’incontro con le rispettive parti che compongono l’individuo. Pertanto le 2 posizioni ossia l’identificazione concordante è l’identificazione complementare di solito accadono spontaneamente nella relazione analitica, il vivere queste due atmosfere relazionali e poi fare un lavoro di integrazione circa quello che accade nella terapia, (così come nella vita del soggetto) porterebbe una reale comprensione del paziente e dunque ha una intimità profonda empatia della coppia analitica, ma questo dice Bolognini può accadere dopo un tempo abbastanza lungo.
Il pathos e il logos nell’assetto empatico psicoanalitico
Empatia nel senso psicoanalitico e quella condizione che vede coinvolte le varie parti che compongono l’individuo e la possibilità di un accesso cosciente su di esso, dunque un logos. In questo senso i processi di identificazione concordante o complementare possono rappresentare quel pathos, e dunque, quel sentire le emozioni provenienti dal paziente da parte di un terapeuta.
Mentre grazie ai processi di disidentificazione il terapeuta può uscire da quelle emozioni che il paziente gli fà vivere (pathos) per avviare un processo nel logos, ossia un processo di riflessione e di introspezione a proposito di come un paziente è di come si relazione con l’altro. La maggiore comprensione che un individuo ottiene da questa riflessione rispecchiante ha delle ricadute positive nella vita e nelle relazioni.
Grazie dell’attenzione
Psicologa, Psicoterapeuta psicoanalitico
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Studio in: corso Gramsci 133, Palagianello (Ta)
tel 3201987812 email: giuliadecarlo@hotmail.com