PREPSICOSI: definizione e origine del termine. Analisi degli autori che hanno contribuito allo studio di questa diagnosi.
Spesso si sente parlare di Prepsicosi ma questo termine è stato utilizzato da diversi autori in maniera differente creando delle confusioni e incomprensioni circa il suo significato. In base a come è stato utilizzato il termine “Prepsicosi” è stata considerato uno stato psichico transitorio che precede l’insorgenza di una psicosi, oppure una organizzazione di personalità vera e propria.
In quest’ultimo caso a mettere in evidenza questo tipo di diagnosi sono stati alcuni autori della corrente psicanalitica seguendo lo schema dello sviluppo psicosessuale di Freud per la formazione dell’Io (Gillièron,1998). In relazione all’evoluzione psichica dell’organizzazione dell’Io che va dalla psicosi alla nevrosi, la Prepsicosi si colloca dopo la psicosi e rappresenta una condizione a cavallo tra la psicosi e le organizzazioni limite (Petrini, De Carlo, 2013). Si tratterebbe di un’organizzazione di personalità caratterizzata da angoscia di frammentazione in seguito alla minaccia di perdita dell’oggetto significativo. Queste personalità per il loro modo peculiare di essere mantengono un equilibrio fino a quando si appoggiano al pensiero dell’altro, che sopperisce ai loro limiti nell’elaborazione verso ciò che gli accade. Nel controtransfert mostrano un atteggiamento che richiama la sensazione di chi ha bisogno di una guida per essere indirizzati, e da cui desiderano dipendere in un tipo di relazione che richiama il sentimento di maternage. Pertanto è frequente che questi individui entrino in crisi quando viene a mancare “l’altro di riferimento”, verso cui stabiliscono delle relazioni di dipendenza che sono dei veri e propri ancoraggi. Il loro modo di rivolgersi all’altro è un tipo di investimento di “AGGRAPPAMENTO”, che ricorda il piccolo del koala; nei casi più estremi nelle relazioni sentimentali sono disposti ad accetare qualsiasi richiesta da parte del partner o a subire maltrattamenti di ogni genere. Proprio per la loro tendenza ad appoggiarsi totalmente all’altro ,e di conseguenza anche al suo pensiero dell’altro, possono entrare in crisi tutte quelle volte che vengono confrontati con la necessità di prendere delle decisioni e fare delle scelte, in quanto in queste circostanze vengono confrontati con i loro limiti nella loro autonomia di pensiero. Si evince, di conseguenza, come questo termine e stato utilizzato da diversi autori per definire situazioni largamente differenti. L’uso non omogeneo del termine ha portato a diverse incomprensioni tra gli esperti su cosa definire Prepsicosi, in questo elaborato cercheremo di fare un po’ di chiarezza tentando di analizzare alcuni presupposti teorico-clinico e fonti.
Chiarimenti sulla Prepsicosi. Le differenze tra lo stato che precede l‘emergere di una psicosi e la Prepsicosi come organizzazione di personalità
Alcuni autori hanno utilizzato questo termine osservandone gli aspetti più descrittivi legati alle manifestazioni sintomatologiche spesso correlate ai sintomi negativi della schizofrenia; mentre l’approccio psicoanalitico vede la Prepsicosi come una condizione derivante da un problema nella maturazione dell’Io durante lo sviluppo e la crescita. Da un punto di vista degli aspetti sintomatologici l’approccio che la intendono in questo modo si sono concentrati sul prefisso “Pre” prima della parola “Psicosi” riferendosi a quelle condizioni morbose che di solito precedono gli scompensi deliranti.
Ma andando più nello specifico cosa precede la psicosi?
Molti specialisti hanno dato una risposta da un punto di vista temporale in relazioni ai primi segni di sofferenza psichica prima di uno scompenso. In letteratura sono documentati la presenza di una serie di sintomi segnale prima dell’insorgere della psicosi o dellaschizofrenia, per cui, per loro la Prepsicosi è rappresentata da questa fase della malattia ossia la pre-psicosi. È anche da mettere in evidenza che un problema psichico è anche la conseguenza di un evento che slatentizza una condizione pregressa già instabile. Pertanto l’insorgere degli scompensi psicotici è preceduta da un evento scatenante e da una fase precedente, in cui si può osservare il tentativo della mente di sopperire ed evitare un imminente crollo. Questa fase prodromica della malattia è spesso caratterizzata da manifestazioni morbose di diversa natura. Le diverse manifestazioni sintomatologiche dipendono, in genere, dalla particolare personalità del soggetto, dalle sue risorse (forza dell’io, resilienza e intelligenza) e dalle risorse in termini di meccanismi di difesa.
I diversi autori che hanno dato un contribuito significativo allo studio della Prepsicosi
La confusione circa la diagnosi di Prepsicosi nasce dalle diversità di approccio teorico nella comprensione clinica di manifestazioni morbose che sembrano preannunciare scompensi psicotici. Spesso il clinico di fronte a questo tipo di pazienti avverte nel controtransfert la minaccia di un crollo. Il tipo di pensiero, poco lucido, confuso e pseudo delirante, lo stato emotivo, e le situazioni di crisi che un individuo racconta di vivere nel presente fa temere il clinico, che da un momento all’altro, il paziente potrebbe crollare. Un clinico che ha fatto l’esperienza di relazionarsi con pazienti gravi non farà fatica ad avvertire uno stato di allerta derivante dall’angoscia di frammentazione che questi pazienti vivono e che trasmettono. Ciò che ha creato una condizione di confusione nello scenario clinico è dato dal fatto che a livello superficiale, sintomatico, le manifestazioni morbose di questi soggetti possono variare molto. Le persone possono riferire tutta una serie di sintomi che vanno dalle varie forme di ansia, alla depressione, alle somatizzazioni, ai disturbi dell’alimentazione ecc.. Questo stato di cose può dare l’impressione di trovarsi di fronte a patologie molto differenti. Infatti diversi autori in base ai pazienti osservati, e basandosi solo sui sintomi, spesso hanno dato etichette diagnostiche di vario tipo. In particolare per esempio Lacan ha analizzato il fenomeno legandolo al periodo che precede l’emergere di stati psicotici deliranti. Altri autori come Katan M. e Helene Deutsch invece hanno documentato situazioni cliniche che ricordavano gli stadi negativi della schizofrenia ma senza che si sviluppassero mai deliri o allucinazioni. Ma prima di continuare sembra opportuno ricordare quali sono gli stadi della schizofrenia. La documentazione clinica ha messo in evidenza che l’emergere dei sintomi, legati alle allucinazioni visive e sonore, sono spesso preceduti da un altro tipo di sintomi, definito sintomi negativi in cui si osserva, isolamento, appiattimento affettivo, pensiero confuso o bloccato. Nella clinica le allucinazioni e i deliri vengono chiamati sintomi positivi, in relazione all’attività produttiva del pensiero e della conseguente emotività legata alle immagini mentali create. Mentre la fase precedente i deliri viene caratterizzata da quelli che vengono chiamati sintomi negativi, isolamento, apatia, appiattimento affettivo. Alle volte si osserva un vago ma incombente stato di turbamento, inquietudine, senso di trasformazione del mondo, perplessità e sensazione di minaccia, senso di vuoto e di insicurezza, un’angoscia profonda con perdita del senso di familiarità delle cose e dell’ambiente circostante ecc… I dati clinici dei sintomi negativi pre-schizzofrenia ha creato nei clinici spesso l’aspettativa che dato questi stati morbosi ci si doveva aspettare l’emergere della schizofrenia, o di altre forme della psicosi. Tutt’ora alcuni autori rimangono in linea con questa tesi. L’emergere di sempre più evidenze dalla clinica ha messo in risalto invece uno scenario molto più complesso. In particolar modo gli studi derivanti dalla corrente psicoanalitica francese. Infatti diversi autori come Katan, Bergeret, Lacan, Racamier, Gillièron hanno documentato diversi casi clinici con manifestazioni morbose simili ai sintomi negativi della schizofrenia ma che non sfociavano mai in questo tipo di malattia. Analizzando i loro testi vediamo che questi specialisti hanno finito per chiamare Prepsicosi differenti tipi di situazioni cliniche le une molto diverse dalle altre. I pazienti presenti nei loro trattati, oggi secondo il DSM- 5, sarebbero o dei disturbi di personalità oppure delle varie forme di psicosi. Facendo un riesame dei contributi di questi esperti, seguendo, invece, il PDM-2 è possibile affermare che i vari pazienti descritti nei loro testi rientrano nella classificazione del funzionamento dell’organizzazione psicotica e altri invece nella classificazione che raggruppa i soggetti nelle organizzazione borderline. La Prepsicosi come un particolare “modo di essere nel mondo” sembrerebbe la conseguenza di un livello di immaturità psichica, se si considerano le diverse fasi dello sviluppo psicosessuale individuate da Freud (fasi orale, anale, fallico genitale). Ma rimando ad un altro articolo su questo aspetto per poter procedere sulla questione delli sviluppo della personalità. Ritornando alla Prepsicosi per esempio Lacan e Bergeret hanno documentato la storia di pazienti psicotici in cui definivano Prepsicosi i periodi precedenti l’esordio psicotico. Nei loro elaborati mettevano in evidenza, come ripercorrendo la storia della malattia, esistesse un periodo che la precede che è contraddistinto da segnali prodromici del futuro scompenso. Questi autori parlano di Prepsicosi in questo senso. Autori invece come Katan M., Racanier e Gillieron invece hanno documentato pazienti che per le loro manifestazioni sintomatologiche potevano ricordare le fasi pre-scompenso psicotico ma che non si scompensavano mai rimanendo quasi in una condizione di mezzo. Oggi questo tipo di pazienti può rientrare nelle classificazioni del DSM-5 come disturbi di personalità quali il dipendente, l’evitante, lo schizoide e schizotipico. Inoltre vanno menzionati altri autori che hanno incontrato questi tipi di pazienti dando una loro definizione personale come Donald Winnicot e Helene Deutsch. D. Winnicot ha descritto un tipo di pazienti definito da lui “falso se” , mentre la Helene Deutsch ha descritto delle personalità che ha voluto chiamare personalità “come sé”. Allo stato attuale sono pochi gli studi in merito a queste organizzazioni di personalità, alcuni tra i contributi più importanti li troviamo negli scritti di Mandese e Petrini(2018). Loro ritengono che la “Prepsicosi” è un’organizzazioni di personalità a sé stante, con proprie caratteristiche peculiari, e un loro modo proprio di funzionare. Il tipo di relazione che instaurano mostra la capacità a livello formale di imitare la nevrosi, sembrano persone che ben si adattano alla relazione terapeutica, solo successivamente si comprende che il loro modo di fare è più adesivo che adattativo. Nonostante tutto possono essere confusi con le nevrosi per il modo in cui coinvolgono il terapeuta, che in un primo momento più cadere nell’illusione che queste personalità siano dotate di un buon livello elaborativo. Infatti Petrini e Mandese mettono in evidenza come, seguendo il modello di Bergeret dello sviluppo della personalità, queste personalità rientrerebbero, a causa dell’immaturità delle competenze dell’Io, a cavallo tra la psicosi e l’inizio dell’emergere delle organizzazione limite, in questo senso è pertinente il termine Prepsicosi. Nell’evoluzione della loro psiche, durante l’infanzia, sembrerebbe che abbiano avuto delle gravi “lacune” nelle dinamiche relazionali che presiedono la normale evoluzione psichica, ma nonostante tutto questa condizione non è stata sufficientemente tossica da determinare una futura organizzazione psicotica nell’età adulta. Dall’analisi di diversi pazienti di questo tipo sembrerebbe che questa condizione deficitaria non abbia permesso lo sviluppo di quelle abilità dell’Io relative alla funzione paterna, e dunque a un adeguato esame di realtà. Dunque nell’organizzare il senso delle cose del mondo secondo un ordine simbolico femminile e maschile, queste personalità rimangono legate simbioticamente a un maternage accogliente ma il maschile è assesnte. Per questo motivo si osserva nel loro modo di funzionare le conseguenze di quella che Lacan (1981) chiama “forclusione della funzione paterna”. Rimando i lettori ad altri articoli per l’approfondimento di altri aspetti legati alla diagnosi dell’organizzazione Prepsicotica .
Bibliografia
Bergeret J. (1984), “La personalità normale e patologica. Le strutture mentali, il carattere, i sintomi”, Raffaello Cortina, Milano, 2002
Deutsch Helene Psicoanalisi delle nevrosi (Neuroses and Character Types, 1965), trad. di Aldo Durante, Newton Compton, Roma 1978.
Deutsch Helene Psicologia della donna (Psychologie der Frau, 1948-54), prefazione di Emilio Servadio, trad. di Isabella Daninos-Lorenzini, 2 voll. (I. L’adolescenza, II. La donna adulta e madre), Boringhieri, Torino 1957
Deutsch, H. (2007). Les « comme si » et autres textes (1933/1970). Paris : Seuil.
Gilliéron E. ((1995) Il primo colloquio in psicoterapia. Borla, Roma).
Gilliéron E.(1998), Trattato di psicoterapie brevi (Traduzione italiana di : Manuel de psychothérapies brèves, Dunod, Parigi, 1997. Borla, Roma).
Katan M. (1953) Schreber’s prepsychotic phase, in J. Psicho-Anal., 34, 43- 51.
Katan, M. (1954). The importance of the non-psychotic part of the personality in schizophrenia. International Journal of psychoanalysis, 35, 119-128.
Katan, M. (1958). Contribution to the panel on ego-distortion (“as-if” and “pseudo as-if”). International Journal of psychoanalysis, 39, 265-270.
Katan, M. (1958). Aspects structuraux d’un cas de schizophrénie. La psychanalyse. Paris : PUF.
Katan, M. (1959). Comments on ego distorsion. International Journal of psychoanalysis, 40, 297-303.
Katan, M. (1979). Le cas Schreber : contributions psychanalytiques (1949-53). Paris : PUF.
Lacan, J. (1981). Les psychoses (1955/56). Le séminaire, Livre III. Paris : Seuil
Lacan, J. (2001). Radiophonie (1970). Autres écrits. Paris : Seuil.
Mandese A. Petrini P. ( 2017) Manuale del Processo Psicoanalitico Mutativo PPM: La relazione psicoanalitica come trasformazione fin dal primo colloquio. FrancoAngeli.
Petrini P., Giulia. I. De Carlo (2013). Psiche e Cambiamento. Miti, percorsi e processi della relazione psicoterapeutica. FrancoAngeli
Winnicott, D. W., 1960, “La distorsione dell’Io in rapporto al vero ed al falso Sé”, in Winnicott, D. W., 1965, Sviluppo affettivo e ambiente. Armando, Roma, 1983 (1° ed. 1970).