Prima di introdurre il concetto di “Prepsicosi” o “pre-psicosi” è doverosa una precisazione, in quanto questo termine è stato, in più riprese, utilizzato da diversi autori in maniera differente creando delle confusioni e incomprensioni circa il suo significato. In base a come è stato inteso il termine “Prepsicosi” è stata considerato uno stato psichico transitorio che precede l’insorgenza di una psicosi, oppure una organizzazione di personalità vera e propria. In questo elaborato vorremo concentrarci sugli “stati prodromici della psicosi” ossia quella particolare condizione precedente l’insorgere di una psicosi vera e propria in cui uno stato morboso non è ancora comparso ma si manifestano i primi segni della malattia. L’importanza, che diversi clinici hanno sottolineato, circa la necessità di approfondire questo fase della psicosi, deriva dal fatto che in questi casi l’intervento precoce fa la differenza tra la caduta nella psicosi (e lo scompenso) e il mantenimento dell’esame di realtà e uno stato di salute. La possibilità di riconoscere quei segnali che predicono uno scompenso può permette al clinico di intervenire precocemente prima dell’acerbarsi dei sintomi più gravi, permettendo a un paziente di evitare ricoveri e stati deliranti. Pertanto tratteremo quei autori che hanno approfondito lo studio della fase prodromica (o iniziale) che precede l’insorgenza di una psicosi vera e propria. Questi autori hanno chiamato questa fase pre-psicosi, ma si tratta a tutti i livelli di studi che riguarda le varie forme in cui la “Psicosi” si manifesta. Infatti è da tenere in considerazione che un paziente che presenta una psicosi può manifestare diversi livelli di funzionamento mentale più bassi o più alti in funzione di quando vengono intaccate dallo stato morboso le sue abilità cognitive, affettive, sociali e di tolleranza alle frustrazioni.
Studi sulle fasi dell’esordio della psicosi
La psicosi è una condizione caratterizzata da una perdita di contatto con la realtà, che può manifestarsi attraverso sintomi distinti legati alla perdita di contatto con la realtà. Le manifestazioni variano da persona a persona e possono presentarsi in maniera più o meno rapide o graduale. L’esordio comunque attraversa diverse fasi, in cui si verifica una caduta progressiva nella malattia. Il riconoscimento dei primi segni può permettere di intervenire precocemente per arrestare un eventuale crollo delle abilità dell’io.
Durante questa periodo, possono manifestarsi alcuni segnali precoci o sintomi subclinici che indicano un rischio aumentato di sviluppare un disturbo psicotico, come la schizofrenia. Esistono svariate ricerche sull’esordio e il decorso delle psicosi, che hanno mostrato come sia possibile rintracciare nella storia di vita di pazienti psicotici una serie di segnali e sintomi predittivi dello sviluppo patologico. Questo ha portato allo sviluppo di nuovi ed efficienti approcci e modelli per il riconoscimento dell’esordio psicotico per attuare degli ’interventi precoci, focalizzati sulle fasi prodromiche, ossia iniziali del disturbo.
Alcuni accenni generali sulla frequenza della psicosi
I disturbi psicotici, inclusa la schizofrenia, sono attualmente ritenuti tra i disturbi mentali più invalidanti, a causa dei significativi può effetti sui pazienti (ripercussioni nei vari ambiti di vita) e sui suoi familiari. Questi disturbi, se non trattati adeguatamente, tendono ad avere un decorso cronico. Questo decorso è influenzato da molteplici variabili, oltre che dalla gravità e intensità dei sintomi. Tra queste variabili si annoverano le competenze sociali e cognitive, la presenza di una rete sociale e familiare, il livello di istruzione, i fattori di stress ambientale, la salute fisica e le influenze socioculturali come lo stigma e la discriminazione (Davi, 2014).
Stato di crisi e riconoscimento dell’esordio psicotico: la “fase prodromica della psicosi”
Gli studiosi evidenziano che l’emergere di uno stato morboso è spesso il risultato di eventi che mettono in crisi le capacità di adattamento dell’individuo alle difficoltà della vita. Questo pone la necessità di studiare le fasi che precedono l’emergere dei sintomi della psicosi a scopo preventivo. Questa fase può essere definita “uno stato mentale a rischio” ed è chiamata solitamente dai clinici “fase prodromica della psicosi”, e riguarda un periodo in cui non sono ancora presenti sintomi psicotici evidenti. Tuttavia, il soggetto inizia a manifestare alterazioni emotive, cognitive e comportamentali peculiari. Molti specialisti hanno osservato la psicosi dal punto di vista temporale in relazioni ai primi segni di sofferenza psichica prima di uno scompenso. In letteratura sono documentati la presenza di una serie di sintomi segnale prima dell’insorgere della psicosi, e soprattutto della schizofrenia. In particolare in quest’ultima si è osservato l’emergere in un primo momento di sintomi chiamati negativi, caratterizzati del ripiegamento del soggetto su se stesso, e successivamente sintomi chiamati positivi legati alla manifestazioni conclamata dei deliri. Nel caso soprattutto della schizofrenia vengono differenziati due fasi nell’esordio della malattia caratterizzati da:
- Sintomi negativi: questi sintomi della schizofrenia spesso comportano perdite, come la mancanza di interesse, la mancanza di motivazione a fare la maggior parte delle cose, e l’isolamento sociale.
- Sintomi positivi: riguardano i deliri e le allucinazioni, ossia quei sintomi della schizofrenia che portano le persone con questo disturbo a non vedere la realtà allo stesso modo delle altre persone.
In relazioni all’emergere dei primi segni e sintomi della psicosi studi longitudinali hanno dimostrato che questi sintomi si riscontrano nel 40% circa dei soggetti che svilupperanno un esordio psicotico (ad esempio negli studi di Young e McGorry e nella letteratura psichiatrica anglofona recente). Young e McGorry definiscono stati mentali a rischio un insieme di sintomi caratteristici della fase di transizione verso l’esordio psicotico, detta, appunto, fase prodromica.
Gli autori distinguono questi sintomi in:
- Sintomi psicotici attenuati: sintomi di stampo psicotico (umore delirante, idee di riferimento, esperienze percettive insolite), ma con esame di realtà intatto e ben criticato dal soggetto.
- Sintomi psicotici brevi e intermittenti: sintomi psicotici evidenti ma con rapida remissione spontanea.
- Sintomi aspecifici: vanno inclusi tra gli stati mentali a rischio anche soggetti con sintomi del tutto aspecifici (ad esempio ansia) accompagnati però da un significativo deterioramento del funzionamento psico-sociale e da una familiarità positiva per psicosi.
Quali sono i sintomi che emergono più frequentemente nelle fasi che precedono la psicosi, ossia nella fase prodromica?
La fase prodromica è caratterizzata da un fortissimo stato di angoscia e tensione, che può emergere da uno stress derivante sia da conflitti con la realtà esterna, oppure da una condizione interpsichica che produce tensioni interne. In questi casi è frequente che il soggetto non riesca a collegare le cause del proprio malessere in seguito a un temporaneo deterioramento delle funzioni mentali elaborative. In questa fase della malattia si manifestano i cosiddetti “sintomi di base” ossia a carico delle competenze dell’io:
- Disturbi dell’attenzione e della concentrazione.
- Disturbi della forma del pensiero: pensiero bloccato, accelerato, confuso o vuoto.
- Disturbi della comprensione: come la mancata comprensione delle metafore e la tendenza alla comprensione letterale.
- Disturbi della memoria.
- Riduzione del funzionamento emotivo.
- Alterazione dell’affettività: espressioni facciali, contatto oculare, eloquio e affettività inappropriati.
Il soggetto percepisce un’atmosfera nuova e inconsueta, senza riuscire a darle un significato. Tale percezione si intensifica progressivamente, con un effetto dirompente sull’equilibrio psicologico. Le fasi successive della malattia sono la fase esternalizzante e fase di concretizzazione della psicosi.
La fase esternalizzante e fase di concretizzazione della psicosi
Quando il soggetto arriva sulla soglia dello scompenso i suoi meccanismi di difesa cercano di sopperire a questo stato attraverso diverse strategie difensive, come la scissione dell’io, la proiezione, l’identificazione proiettiva, la difesa nel pensiero onnipotente, il delirio. L’emergere di alcuni di questi meccanismi di difesa rappresenta la fase di esternalizzazione della malattia. In questa fase vengono riversati sul mondo esterno aspetti psichici interni disturbanti. Pertanto il soggetto potrebbe cercare una spiegazione e una nuova cornice di significato per interpretare le esperienze vissute, spesso attribuendo le cause a fattori esterni (fase di esternalizzazione). Negli stati più gravi, come quelli che precedono la schizofrenia, le percezioni e le sensazioni corporee insolite possono venir vissute in modo del tutto delirante “come se” fossero indotte dall’esterno. I pensieri possono essere percepiti come vocalizzati da voci esterne (fenomeni di passività descritti da Schneider). Con il tempo, queste esperienze portano a una maggiore strutturazione della sintomatologia psicotica (fase di concretizzazione), in cui le spiegazioni insolite non sono più criticate dal paziente.
Kurt Schneider e gli studi sui fenomeni di passività della psicosi detti “sintomi di primo rango”.
Kurt Schneider si è concentrato sullo studio dei fenomeni di passività caratteristici delle psicosi, in particolare della schizofrenia. Essi appartengono ai cosiddetti “sintomi di primo rango” di Schneider, che aiutano a distinguere la schizofrenia da altri disturbi psicotici. Secondo la definizione dell’autore i fenomeni di passività si riferiscono a esperienze in cui il paziente percepisce che i propri pensieri, sentimenti, azioni o persino il corpo sono controllati, influenzati o imposti da forze esterne. Il paziente perde il senso di agency, cioè la percezione di essere l’agente delle proprie azioni o pensieri. Schneider nei suoi testi descrive alcune manifestazioni dei fenomeni di passività come:
- Pensieri imposti: Il paziente sente che i propri pensieri non appartengono a lui, ma sono “inseriti” nella sua mente da un’entità esterna.
- Sottrazione del pensiero: Il paziente ha la sensazione che i suoi pensieri vengano “tolti” dalla sua mente da una forza esterna.
- Diffusione del pensiero: La convinzione che i propri pensieri siano trasmessi o “letti” da altre persone.
- Controllo del corpo o delle azioni: il paziente crede che i movimenti del proprio corpo o le proprie azioni siano comandati da qualcun altro o da un’energia esterna.
- Esperienze emotive imposte: Sentimenti o emozioni percepiti come estranei e introdotti nella mente da un’altra forza.
- Esperienze somatiche imposte: Sensazioni fisiche percepite come generate da un agente esterno.
Notiamo come questo tipo di esperienze nella psicosi descritte dallo psichiatra sono legate alle angosce di invasione vissute dai pazienti che probabilmente Schneider osservava. L’importanza clinica di questi fenomeni deriva dal fatto che sono considerati cruciali per la prevenzione e la diagnosi differenziale della schizofrenia, poiché suggeriscono una profonda alterazione del senso di sé e del confine tra sé e il mondo esterno. La differenziazione da altre condizioni psicotiche, fenomeni dissociativi e disturbi come l’organizzazione di personalità “prepsicotica” permette di identificare stati morboso diversi e pianificare interventi più appropriati al caso.
Gli sviluppi sul riconoscimento precoce del rischio di scompenso psicotico
Negli ultimi anni, vi è stato uno sviluppo di nuovi modelli di riconoscimento dell’esordio psicotico, focalizzati sulle fasi prodromiche. Uno studio pilota condotto da Luca Bruno, Andrea Bocconi e Luh Ketut Suryani, pubblicato nel 2000 all’interno del volume “Psicodiagnostica proiettiva” (pp. 66-79), edito da E.U.R., ha puntato sul riconoscimento di quei sintomi prodromici della psicosi. In particolare, questo lavoro si è concentrato sulla distinzione tra “disturbo da attacchi di panico” e “crisi d’angoscia” nella fase che precede la psicosi, utilizzando il metodo Rorschach come strumento di diagnosi differenziale. Nella pratica clinica, è fondamentale differenziare tra attacchi di panico di origine nevrotica e le crisi d’angoscia di frammentazione che possono precedere l’insorgenza di una psicosi. Una diagnosi differenziale è fondamentale per attivare interventi terapeutici adeguati e tempestivi. Di seguito riportiamo schematicamente le caratteristiche della ricerca di Luca Bruno, Andrea Bocconi e Luh Ketut Suryani.
Obiettivi dello studio. Analizzare le caratteristiche distintive degli attacchi di panico e delle crisi d’angoscia nella fase prodromica della psicosi. Valutare l’efficacia del test di Rorschach nel differenziare queste due condizioni.
Metodo. Il test di Rorschach è uno strumento proiettivo utilizzato per esplorare la struttura della personalità e i processi psicopatologici sottostanti. Attraverso l’interpretazione delle risposte fornite dal paziente alle macchie d’inchiostro, è possibile ottenere indicazioni sulle dinamiche emotive e cognitive dell’individuo.
Risultati. Lo studio evidenzia come specifici indicatori emersi dal test di Rorschach possano aiutare a distinguere tra:
- Attacchi di panico: caratterizzati da risposte che riflettono ansia acuta, paura di perdere il controllo e preoccupazioni somatiche.
- Crisi d’angoscia pre-psicosi, ossia della fase precedente lo scompenso: manifestazioni più profonde di disorganizzazione del pensiero, percezioni distorte e segnali di deterioramento delle funzioni dell’Io.
Conclusioni. Gli autori concludono che il test di Rorschach rappresenta un valido strumento nella diagnosi differenziale tra disturbo da attacchi di panico e crisi d’angoscia in fase prodromica della psicosi, facilitando l’identificazione precoce del rischio di crollo e di conseguenza l’intervento terapeutico tempestivi relativo al caso in esame.
I benefici degli interventi precoci di prevenzione e cura della psicosi
L’intervento tempestivo durante la fase prodromica è cruciale. Ridurre la DUP (Duration of Untreated Psychosis), ovvero il periodo tra l’esordio dei sintomi psicotici e l’inizio del trattamento, comporta diversi vantaggi:
- Miglioramento del recupero clinico.
- Prevenzione delle ricadute.
- Preservazione delle abilità sociali e lavorative.
- Riduzione della necessità di ospedalizzazione.
Un intervento precoce può includere terapie psicologiche, supporto familiare e, in alcuni casi, un trattamento farmacologico appropriato. L’importanza della Diagnosi Precoce deriva dalla possibilità di identificare gli Stati Mentali a Rischio (ARMS) e consente di attuare strategie preventive mirate. La diagnosi precoce e il trattamento tempestivo possono migliorare significativamente la prognosi, riducendo l’impatto della malattia sulla vita dell’individuo.
Bibliografia
- Besozzi, M., Comai, A., Garbazza, C., Provenzani, U., & Boso, M. (2012). Diagnosi precoce e intervento tempestivo nei disturbi psicotici. Bollettino della Società Medico Chirurgica di Pavia, 125(1), 29-36.
- Edwards, J., & McGorry, P. D. (2004). Intervento precoce nelle psicosi: Guida per l’organizzazione di servizi efficaci e tempestivi. Centro Scientifico Editore.
- Bruno, L., Bocconi, A., & Suryani, L. K. (2000). Disturbo da attacchi di panico versus crisi d’angoscia nella pre-psicosi: Elementi di diagnosi differenziale attraverso il metodo Rorschach. In Psicodiagnostica proiettiva (pp. 66-79). E.U.R.
- Philips, L. J., Yung, A., & McGorry, P. D. (2005). Mapping the onset of psychosis: The Comprehensive Assessment of At-Risk Mental States. Australian and New Zealand Journal of Psychiatry, 39, 964-971. https://doi.org/[DOI se disponibile]
- Popolo, R., Vinci, G., & Balbi, A. (2013). Interventi precoci nelle psicosi. Alpes Italia.
- Sartori, G., et al. (2023). Neuropsicologia delle psicosi: Modelli e interventi cognitivi. Il Mulino.
Bibliografia giustificata per argomento
- Schneider, K. (1959). Clinical Psychopathology. New York: Grune & Stratton. In questo testo, Schneider presenta una classificazione dettagliata dei sintomi psicopatologici, introducendo i criteri diagnostici per la schizofrenia basati sui sintomi di primo rango.
- Schneider, K. (1946). Die psychopathischen Persönlichkeiten. Leipzig: Thieme. Quest’opera si concentra sulle personalità psicopatiche, offrendo una tipologia dettagliata e approfondendo le caratteristiche di diverse forme di psicopatia.
- Schneider, K. (1950). Primäre und sekundäre Symptome bei den Schizophrenien. Fortschritte der Neurologie · Psychiatrie. In questo articolo, Schneider distingue tra sintomi primari e secondari nella schizofrenia, enfatizzando l’importanza dei sintomi di primo rango nella diagnosi.