Il caos e l’ordine sono strettamente collegati perché appartengono al movimento inevitabile dei processi di trasformazione di tutte le cose. Nel contatto con gli elementi del nostro inconscio possiamo vivere un sentimento di smarrimento e di caoticità, ma allo stesso modo il contatto con i simboli possono riarmonizzare i nostri stati interni. Simboli come il mandala possono fungere da rappresentazioni contenitive per placare il senso di dispersione che l’inconscio può provocare. La Circolarità della volta Celeste e il Mandala per Jung rappresentano la sintesi della dimensione del cosmo. Dai tanti elementi di cui sono composti i mandala si può osservare la parzialità di tutte le cose inserite insieme a un tutto armonico. Per Jung noi siamo immersi in questa complessità di cose, aspetti, oggetti, persone, simboli, culture, ambienti, natura, relazioni, forze e influenze.
Siamo come quel monaco che trovandosi su una barca con un solo remo cerca, come meglio può, di indirizzare il mezzo nella giusta direzione. Ma per fare ciò è necessario comprendere come si muovono le varie correnti. Se avendo paura dei flussi veloci scegliesse quelli lenti e placidi potrebbe finire in tratti fermi e ristagnanti. Se invece scegliesse di farsi trascinare da correnti veloci potrebbe, poi ad un certo punto, perdere la possibilità di governare il suo mezzo rischiando di finire trascinato in un torrente. La metafora del monaco mette in evidenza come noi siamo immersi in forze che ci spingono in varie direzioni. Il monaco saggio è quello che guarda le correnti e comprende dove vanno e con quanta forza, in modo da usare l’unico remo che possiede per direzionare il suo mezzo seguendo le direzioni e le correnti più opportune. Allo stesso modo l’individuo cercando di capire le forze e le energie che lo coinvolgono può migliorare la sua condizione nel mondo. Questo significa orientare la propria attenzione quotidiana a ciò che succede seguendo un po’ l’esempio di Jung. A questo proposito egli racconta di una sua abitudine mattutina di disegnare un mandala; con il tempo egli capì che era una modalità per sintetizzare in modo simbolico il suo stato interiore in relazione a tutto ciò che lo coinvolgeva. In un certo senso lo possiamo paragonare al monaco che sulla barca analizza le correnti. In Jung leggiamo: “Ogni mattina schizzavo in un taccuino un piccolo disegno circolare, un Mandala che sembrava corrispondere alla mia condizione intima di quel periodo .. Solo un po’ per volta scoprii che cosa è veramente il Mandala … Il Sé, la personalità nella sua interezza … che è armoniosa se tutto va bene …”.
Seguendo l’impostazione di Jung possiamo affermare, che la circolarità della volta celeste e il Mandala, rappresentano i simboli della possibilità di uscire dal caos della dimensione inconscia. Nella follia mentale è osservabile come questa può colonizzare tutta la coscienza portando a deliri. L’uso del simbolo del mandala può aiutare a dare forma a questo caos, riportando a uno stato di ordine; il mandala assolve in questo modo a una funzione di riunificatore di significati. Per C. G. Jung, l’archetipo del Sé esprime l’incontestabile realtà dell’esistenza d’un centro ordinatore e d’una periferia nel perenne anelito di comprendere il mondo, in un unico simbolo di totalità. Infatti così si pronuncia Jung :“Il Mandala rappresenta uno schema ordinatore che in certa misura si sovraimpone al caos psichico, così che l’insieme che si sta componendo tiene uniti tutte le sue componenti per mezzo del cerchio che aiuta e protegge …”.
A conferma di ciò è possibile osservare nella clinica che l’apparizione di tale simbologia nei disegni liberi, nelle fantasie, nei sogni tende a compensare situazioni caotiche di disordine psichico. Vediamo che circoscrivere attorno ad un centro – un sacro recinto protettivo, – quel qualcosa che aspetta ancora di essere inserito nella personalità di un individuo permette di evitarne la “dispersione”. Secondo la psicologia junghiana la sua stessa costruzione purifica l’anima e la pone in stretta relazione con le energie dello spirito e del cosmo. Per Marie-Louise Von Franz persegue anche la finalità creativa di dare espressione e forma a qualche cosa dell’inconscio personale che ancora non è giunta alla coscienza, un elemento dell’ombra. In questo modo viene restaurato quello che è considerato un vecchio ordine, un ordine naturale, preesistente all’emergere di un nodo esperienziale problematico proveniente dal passato. La Von Franz ritiene che simultaneamente comporta, anche, un qualche nuovo elemento in grado di “completare” – senza per questo “entrare in contraddizione”– la maturazione di una personalità nuova. Il caos e l’ordine sono strettamente collegati perché appartengono al movimento inevitabile dei processi di trasformazione di tutte le cose. L’ordine precede il caos, e il caos precede l’ordine in un ciclo continuo di cambiamento. Considerando questo fenomeno, a proposito della coscienza, vediamo come il neonato alla nascita è immerso in un caos al quale non può dare ordine. Lo sviluppo delle sue capacità mentali gli permetteranno, via via, di dare un senso all’ambiente che lo circonda diventando sempre più abile con il passare del tempo. Racamièr un famoso psicoanalista che ha approfondito questo tema, nella comunità residenziale psicoterapeutica “La velotte” da lui fondata ha seguito madri psichiatriche con bambini piccoli. Queste pazienti gli hanno permesso di analizzare cosa succede nella relazione tra madri psicotiche o schizofreniche e il proprio figlio a proposito della dimensione del caos psichico. Nel testo “Il genio delle origini” Racamièr spiega come caos e ordine si dipanano nell’evoluzione della relazione tra madre e figlio e come la psicosi può mantenere la mente del bambino piccolo nel caos interno. Fondamentale è per la madre passare da quello che lui chiama “lutto primario”[1] per permettere al bambino di uscire dal rischio che si sviluppi una psicosi. A tal proposito ha spiegato come la storia delle nostre origini rappresenta un resoconto autobiografico che ha potere “ORDINANTE” e “ORGANIZZATORE” della coscienza. È proprio in relazione a questo fattore che l’autore parla di due tipi di fantasmi : i FANTASMI ORIGINARI che narrano la nascita e i FANTASMI ANTE-ORIGINARI ossia fantasmi prima delle origini. Il concetto di fantasma in psicologia dinamica riguarda quegli aspetti inconsci che governano la vita dell’individuo. Freud introdusse questa idea a proposito dei passaggi durante l’infanzia in relazione alle fasi dello sviluppo psicosessuale. Secondo lo psicoanalista questi periodi precoci darebbero origine a dinamiche emotive rappresentabili in immagine. Queste rappresentazioni, chiamate da lui “fantasmi originari” influenzerebbero l’individuo per tutta la sua vita producendo reazioni di transfert. La tecnica esplorativa dell’inconscio da lui proposta servirebbe a rendere coscienti contenuti emotivi rimossi per uscire dalla loro influenza. Freud usava chiamare “fantasmi” queste rappresentazioni quanto agivano in modo invisibile sotto il livello della coscienza. Evidenziò come questi “fantasmi” nella vita adulta fossero i responsabili del perpetuarsi di intenzioni relazionali, in funzione delle quali si veniva a delineare un certo transfer e controtransfert tra gli individui. Un esempio è l’immagine del “fantasma della scena primaria” questa tratta della fantasia dell’unione sessuale dei propri genitori, ossia, il concepimento. Se ci riflettiamo su, notiamo come questa immagine rappresenta l’origine e la sintesi della nostra nascita e anche della nostra evoluzione. Questo perché la nostra esistenza e l’identità sono legate sia al momento del concepimento che dell’essere nati da due genitori con ognuno una storia specifica. Dunque la nostra identità si può racchiudere in un’immagine quella dell’unione dei nostri genitori. Freud si soffermò molto su questa rappresentazione perché spesso i suoi pazienti erano angosciati da fantasie sessuali. Egli visse in un’epoca in cui la sessualità era un tabù perciò la maggior parte dei disturbi isterici di donne e di uomini provenivano dalla censura che la società imponeva su questo tema. Questa censura creava difficoltà nei rapporti con la propria storia e, inoltre, con il proprio corpo. Sia i pensieri sulla sessualità che l’esplorazione di questo aspetto erano vietati soprattutto per le donne. Questa condizione culturale provocò una reazione sintomatologica in molti individui. L’isteria secondo Freud era causata dalla cultura del tempo che ostacolava la conoscenza e il ruolo della sessualità. In questo senso egli avvisava che il fantasma originario dell’immagine dell’unione dei propri genitori veniva vissuto con angoscia (come una immagine incubo) inficiando la possibilità di dare un’origine alla propria storia. In quel periodo storico molti individui rimanevano bloccati nel pensiero; la paura di fare pensieri osceni non permetteva di dare una storia alle proprie origini, e spesso in conseguenza a questo stato psichico si sviluppava una nevrosi. Racamièr è un autore contemporaneo che partendo da Freud e dal concetto di FANTASMI ORIGINARI ha messo in evidenza come insieme ai fantasmi delle origini c’è ne siano altri precedenti. Infatti l’autore sostiene che esistono dei FANTASMI ANTE-ORIGINARI. Il concetto di fantasma non riguarda il significato popolare di fantasma come si conosce nella narrativa (alle volte horror) ma sta a designare un contenuto dell’inconscio. Racamièr che ha lavorato molto con pazienti psicotici e madri psicotiche ha spiegato che questi individui sono organizzati secondo la logica del caos. Il loro pensiero non segue le logiche del tempo e dello spazio, in questo senso è come se la loro legge interna, il loro statuto interno ( lo statuto dell’io) sia dominato dal “FANTASMA DEL CAOS” . Nel loro pensiero cosciente non vige la legge della “non contraddizione” e per questo motivo per loro è possibile fare dei pensieri in cui la legge della causa-effetto viene violata. Di conseguenza i pensieri e i ragionamenti di questi individui spesso sono incomprensibili, quasi accorpamenti di parole e concetti che non hanno nessun messo tra di loro, alle volte anche gli eventi che raccontano non rispettano le leggi della sequenza temporale. È in questo senso che si parla del “FANTASMA DEL CAOS” l’individuo che ha una psicosi si comporta secondo questa logica, nel suo modo di dare senso alle cose del mondo non rispetta le leggi del tempo e dello spazio. Questo tipo di pensiero appartiene ad ogni persona anche alla più sana perché in realtà la mente di tutti gli individui proviene da questa condizione, quando si nasce si è nella totale inconsapevolezza, nel totale caos. Normalmente crescendo questa modalità caotica diventa quel regno che appartiene all’inconscio. Tutti noi quando sogniamo entriamo in questa modalità, in questo luogo tempo, spazio e identità si mischiano, prima siamo in un luogo, un istante dopo ci troviamo in un altro, siamo maschi, poi siamo femmine altre volte bambini. Jung quando parla del mandala come funzione ordinante sottolinea come spesso siamo risucchiati dal caos del nostro inconscio. Spiega che ci sono molti momenti in cui, anche da svegli, il nostro inconscio può agire su di noi, producendo malesseri psichici, ansia, sintomi. Per Jung l’obbiettivo di tutta la sua vita fu l’incontro con il suo inconscio, secondo lui da questa conoscenza dipendeva la sua evoluzione interna. Egli afferma che il processo di crescita di ogni individuo è ostacolato da alcune esperienze rimosse, queste produrrebbero i “complessi” irrisolti. Il mandala o altri simboli sono per Jung strumenti per l’elaborazione di quei contenuti non elaborati. Per questo egli usava disegnare i mandala perché vedeva in questi gesti un modo di armonizzare il suo stato emotivo. Attraverso l’osservazione della sua produzione artistica poteva dare un senso a ciò che stava vivendo e armonizzare la sua emotività. Ricordiamo che Jung per tutta la vita perseguì un lavoro di esplorazione della sua interiorità. L’ultimo testo di Jung in cui si tratta di questi temi è stato pubblicato postumo ed è il “LIBRO ROSSO”. In questi scritti Jung appuntava i suoi sogni, i suoi viaggi mentali, le sue visioni quando si immergeva nel mondo dell’immaginario. Per molti anni venne conservato dato il contenuto visionario e la possibilità che potesse essere frainteso. L’autore racconta nella sua autobiografia che le sue teorie psicologiche furono il frutto delle sue esperienze psichiche, e mette in evidenza che ci furono alcuni anni molto produttivi in cui emersero tante visioni e simboli. Per capire il suo contenuto dovette impegnarsi per tutto il resto della sua vita. Questo proprio a causa di quel libero linguaggio dell’inconscio dove tutto è possibile e per questo l’individuo si può perdere.
Così scrive a proposito: “Gli anni… in cui inseguivo le immagini interiori sono stati il periodo più importante della mia vita. Tutto il resto ne consegue. Tutto cominciò in quel periodo, e i dettagli successivi non contano affatto. Tutta la mia vita è consistita nell’elaborazione di ciò che progressivamente era eruttato dall’inconscio e mi inondava come una corrente enigmatica e minacciava di travolgermi. Questa è stata la sostanza e il materiale per più di una vita. Tutto ciò che venne dopo fu semplicemente classificazione esteriore, elaborazione scientifica e integrazione nella vita. Ma allora fu l’inizio luminoso, che conteneva tutto.”
Il processo verso una maturazione psichica può avvenire attraverso un lavoro elaborativo di riordino e riunificazione di quegli aspetti, che per qualche motivo, sono stati allontanati dalla coscienza. Il mandala come simbolo può rappresentare questa funzione unificante così come questa funzione può essere assolta dalle immagini mentali dei “fantasmi interni” nel senso in cui ne parla Racamièr. Caos e ordine sono strettamente collegati perché appartengono alla complessità di aspetti razionali e irrazionali della psiche. In un lavoro terapeutico il potenziamento delle capacità elaborative necessita di fare appello a nuovi ordini di pensiero. Di conseguenza processi di riordino e ricognizione della propria vita comportano l’alternarsi di stati di caos e riorganizzazione. L’emotività viene sollecitata e il turbamento emotivo è un prezzo inevitabile quando si sollecitano contenuti sensibili. In questo senso possiamo vedere un lavoro psicoterapeutico come un susseguirsi di processi di riordino ed elaborazione di ciò che ancora non si è differenziato, di ciò che è ancora caos non elaborato che precede l’ordine in un ciclo continuo di trasformazione e integrazione psichica. Questa sequenza è quella che è possibile intravedere nelle esperienze raccontate nel “Libro Rosso” da Jung, in quel viaggio nella sua interiorità alla scoperta di se stesso e dello psichismo collettivo.
È d’obbligo a questo punto richiamare l’attenzione ad un altro autore Bollas (1987) della psicoanalisi che nella sua pratica si è scontrato con alcuni fenomeni della psiche sorprendenti. Frequentemente è citato in funzione del concetto di “conosciuto non-pensato” (pp. 281-287) che egli ha elaborato nel primo libro che pubblicò, ma tale frase appare paradossale. I suoi termini sembrano elidersi vicendevolmente. Così Bollas cattura quel che di elusivo e paradossale c’è nella nostra attività mentale. Ciò che è conosciamo può anche non sostare nei nostri pensieri. Ci sono aspetti che per effetto di meccanismi difensivi non possono essere pensati, tuttavia possono continuare ad “esistere in una forma potente di conoscenza”. L’uso del termine del “conosciuto non-pensato” suggerisce l’idea che ogni individuo abbia una capacità corporea di percepire ed organizzare innumerevoli impressioni del mondo ed utilizza tale conoscenza per operare decisioni non consce sulla vita. La persona utilizza tale modalità di conoscenza corporea senza che ci sia comprensione cosciente in forma di parole, immagini o simboli. Dice Bollas che questa concezione non conscia differisce dall’inconscio freudiano in quanto non è prodotto di repressione, di una difesa o di patologia. Il conosciuto non pensato è una normale funzione dell’essere umano e lo accompagna per tutta la vita. Tali processi non consci, inoltre, non si applicano solo al comportamento individuale e alla psicologia ma anche ai gruppi; le famiglie, le organizzazioni agiscono, alcune volte secondo schemi ed assunti che sono noti senza che, di fatto, nessuno li abbia consapevolmente pensati.
CONCLUSIONE
Vediamo come tra autori diversi Freud, Jung , Racamièr, Bollas ecc.. si possano trovare “trait d’union” utili alla conoscenza dei meccanismi psichici e di come si dipanano i vari fenomeni consci e inconsci. Le differenti strategie e metodi utilizzati dai vari autori suggeriscono come per realizzare un progetto terapeutico è necessario promuovere attività ordinanti e ed elaborative dei contenuti della psiche che non sono coscienti. Queste spesso rappresentano quelle equazioni inconsapevoli all’origine di emozioni, aspettative, comportamenti e attitudini che alle volte portano a insoddisfazione e problematiche emotive ed esistenziali.
Bibliografia
Bollas C., (1987), trad. it. L’ombra dell’oggetto. Psicoanalisi del conosciuto non pensato, Borla, Roma, 1992
Freud S. (2010) Tre saggi sulla vita sessuale. Bollati Boringhieri.
Laplanche J. E Pontalis J. (1996) Enciclopedia della psicoanalisi. Laterza, Bari.
Racamie P. C. (1996) Il genio delle origini. Raffaello Cortina Editore.
Jung C. G.(2010) Libro Rosso. Bollati Boringhieri .
Grazie per l’attenzione
Dott.ssa Giulia Iolanda De Carlo
Psicologa Psicoterapeuta Psicoanalitico
Studio privato:
Corso Gramsci,133, Palagianello (Ta) 3201987812
[1] Il lutto primario è un passaggio mentale che le madri attraversano naturalmente nel momento in cui riconoscono l’individualità del figlio, può essere rappresentato come il taglio del cordone ombelicale a livello simbolico. Questo lutto è un passaggio separativo che permette l’uscita da una relazione fusionale e la conseguente formazione di un primo avvio per la costruzione di una prima identità del bambino. Per approfondimenti consultare il testo di Racamièr il genio delle origini.