Helene Deutsch e la personalità “COME SE”
Helene Deutsch ha dedicato gran parte della sua vita allo studio della psicologia femminile scrivendo molti saggi, ma a renderla nota furono gli scritti riguardanti un particolare tipo di pazienti che manifestavano una modalità relazionale che lei definì personalità “come sé”, caratterizzate da una modalità inautentica della personalità, da manierismi di natura formale, con atteggiamenti che potevano apparire appropriati ma che lasciava nell’ interlocutore una sensazione che qualcosa non andasse. Un aspetto che la Deutsch nota, inoltre, e che questi meccanismi risultavano a volte costanti e ripetitivi nella personalità, altre volte invece si mostravano fenomeni transitori e circoscritti, legati a situazioni specifiche.
La Deutsch, secondo Paul Roazen (1983) interessandosi alle “personalità come se”, “ cercò di descrivere dei disturbi in cui si osservava un’affettività contraffatta che non era né nevrotica né psicotica. Solo successivamente fu introdotto in letteratura il concetto di personalità borderline.
Il grande rilievo delle tesi dell’autrice fu il fatto che partendo dalla descrizione di una patologia rara giunse a descrivere un fenomeno diffuso in generale fra le persone, ossia quelle forma di identificazione massiccia per cui si ossume l’identità di un’altro adattandosi passivamente alle sue aspettative.
La Deutsch scrive:
“varie forme di nevrosi e fenomeni clinici possono prendere in prestito atteggiamenti “come se” per manifestarsi. Tutti questi processi dimostrano in varia misura il meccanismo del come-se , in cui l’identificazione con un oggetto esterno impegna l’intera personalità per un periodo più o meno lungo. […] Il come se costituisce un’esperienza, un sintomo o un disturbo transitorio.”
Ella aggiungerà:
“il come se è una forma di funzionamento dell’Io che si manifesta in diverse situazioni, sia normali che patologiche […]; ciascuna delle manifestazioni psicologiche della vita dà l’opportunità di utilizzare il meccanismo come se.”
In questa frase sono contenute le sue osservazioni su un fenomeno che all’epoca in cui viveva la Deutsch era ancora un enigma. Mi riferisco a tutta una serie di manifestazioni che oggi rientrano nella categoria degli “stati limite” della scuola psicoanalitica francese ma che allora non erano inquadrate. Oppure alla categoria individuate come “Borderline” nei termini che ne fa la psicodinamica secondo la visione di Kernberg.
Oggi questo tipo di pazienti potrebbero essere classificati secondo il Dizionario dei Disturbi Psichiatrici come il DSM-5 tra i vari tipi di disturbi di personalità come il dipendente, schizoide, evitante…o anche in altre categorie legate all’ansia, alle somatizzazioni e agli stati di alterazione dell’umore.
Ma al di là delle molteplici manifestazioni sintomatologiche in cui un paziente con personalità “come se” si può presentare all’attenzione del clinico è grazie alla Deutsch che è stato possibile osservare come sotto il sintomo si nascondesse una stessa modalità difensiva che accomunasse questi pazienti, utile informazione questa per poter poi definire un tipo di trattamento psicologico.
Ma per comprendere questa categoria diagnostica è importante conoscere chi era Helene Deutsch e quali furono i suoi ambiti di studio.
La vita e le opere di Helene Deutsch
Helene Deutsch, nata Rosenbach (Przemyśl, 9 ottobre 1884 – Cambridge, 29 marzo 1982), è stata una psicoanalista austriaca.
Helene Deutsch nacque a Przemyśl nella Galizia austriaca, da genitori ebrei, Wilhelm e Regina Rosenbach, il 9 ottobre 1884. Allieva diretta di Freud, fu anche l’analista didatta di Siegfried Foulkes e Viktor Tausk.
Fu analizzata da Freud e divenne poi membro della Società Psicoanalitica di Vienna.
La Deutsch si occupò in maniera particolarmente approfondita degli aspetti psicoanalitici dell’identità femminile, e della specificità dello sviluppo psicosessuale della donna (fornendo un inquadramento più articolato ed equilibrato di alcuni aspetti della metapsicologia classica freudiana, che operava marcate asimmetrie e per certi versi era più focalizzata sui processi di sviluppo psicosessuale maschile).
Come detto già sopra il contributo che la resa nota riguarda il concetto della personalità “come-Se”, fenomeno che lei descrisse in alcuni casi per spiegare la tendenza di certe donne ad assumere una falsa identità strutturata sulle aspettative degli altri. Ma gli studi su questo tema andarono in varie direzioni contemplando anche pazienti molto gravi che attraverso modalità di imitazione degli altri riuscivano a rimanere al di qua di un possibile scompenso.
Gli studi sulla personalità “come sé”.
All’inizio Helene Deutsch presentò il concetto di “personalità come se” per la prima volta davanti alla Società Psicoanalitica di Vienna nel 1934 e le sue teorizzazioni in proposito vennero poi pubblicate nel 1942, in uno scritto dal titolo “Forme di disturbi emotivi e loro rapporti con la schizofrenia”.
In quel periodo i pazienti venivano divisi prevalentemente tra le varie forme di psicosi caratterizzate da deliri e le nevrosi. Non c’era come oggi una variegata distinzione tra le molteplici forme in cui, forme borbose diverse, si possono collacare a un livello intermedio tra la psicosi e la nevrosi. La molteplicità di pazienti che riuscivano a mantenere un certo contatto con la realtà rientravano nel calderone delle varie forme di nevrosi. Molti psicologi di allora però non erano soddisfatti di questa semplice differenziazione perché spesso avevano difficoltà a inquadrarli in una o nell’altra categoria. Si cominciò a notare che alcuni pazienti mostravano sintomi molto gravi che nonostante tutto non potevano essere considerati psicotici ma nemmeno nevrotici.
Quello fu un periodo in cui tutte queste manifestazioni sintomatologiche dovevano ancora essere adeguatamente studiate, infatti nacque nel campo accademico la necessità di discutere su questi pazienti. Helene Deutsch rispose a questa esigenza e nel 1942 con l’articolo “Forme di disturbi emotivi e loro rapporti con la schizofrenia” descrisse per la prima volta una tipologia di pazienti che sembravano disturbati, ma dei quali non era facile dire esattamente come. Ciò che aveva spinto l’autrice a scrivere quell’articolo, e in seguito anche a promuovere una discussione pubblica su di loro (Katan, 1958) era il modo passivamente plastico in cui vivevano le loro vite. Questi individui esteriormente sembravano normali, il loro comportamento non era bizzarro, le loro capacità intellettive sembravano intatte, cosi come ben ordinate e appropriate apparivano le loro espressioni emotive. Invariabilmente e piuttosto rapidamente, però, nella mente dell’osservatore di turno sorgeva la medesima domanda: “Che cosa cè che non va in questa persona?”. Franco Fornari osserva che la Deutsch (1942) inizia con la distinzione tra due tipologie di pazienti: quelli per i quali il disturbo emozionale è egodistonico (ad esempio nella depersonalizzazione e nella derealizzazione) e quelli per i quali il disturbo emozionale è egosintonico. È a questi ultimi che la Deutsch dà il nome di personalità ‘come se’, per descrivere l’impressione che questi soggetti producono inevitabilmente nell’osservatore: quella di una sorta di artificiosità generale, che li fa apparire ‘come se’ fossero autentici. Essi, infatti, sembrano privi di affetti genuine e profondi, scrive Deutsch:
“dall’esterno, la persona ha l’aria normale. Nulla indica un disturbo di qualche sorta, nulla di insolito nel suo comportamento, le sue facoltà intellettuali non sembrano colpite, le manifestazioni delle sue emozioni sono controllate e appropriate. Ma, malgrado tutto, qualcosa di difficile da cogliere, di indefinibile, si interpone tra questa persona e gli altri e fa sorgere invariabilmente la domanda: ‘Che cosa c’è che non va?’” (p. 154)
Questa tipologia di disturbo rispondeva all’emergergente esigenza di mettere a fuoco una nuova categoria di manifestazioni morbose abbastanza diffuse a cui non si era prestata adeguata attenzione. Per questo motivo questo concetto fu seguito da numerose pubblicazioni sull’argomento infatti nel 1965 gli fu dedicato un panel speciale al Congresso dell’Associazione Psicoanalitica Americana.
La Deutsch, secondo Paul Roazen (1983) interessandosi alle personalità “come se”, “ cercava di descrivere un’affettività contraffatta che non era né nevrotica né psicotica. Solo successivamente fu introdotto in letteratura il concetto di personalità borderline. L’ autrice era partita all’inizio della sua carriera con la descrizione di una patologia che riteneva rara, in seguito giunse invece a descrivere un fenomeno più diffuso di quello che pensava. Infatti, ben presto si convinse che spesso esperienze “come se” fossero frequenti e universali appartenenti a comportamenti transitori di tipo difensivo. Questa osservazione apparve particolarmente significativa e attuale, in quanto orientata a sfumare i confini dogmatici fra patologia e “normalità” e tendente alla comprensione di stati mentali transitori esperenzialmente vicini a condizioni psicopatologiche, ma non esclusivamente identificabili con esse.
Secondo la Deutsch, le personalità “come se” sono caratterizzate dalla loro capacità di suscitare nell’osservatore “l’impressione inevitabile che l’intero loro modo di essere di fronte alla vita abbia qualcosa che manca di genuinità, e tuttavia, esso sia “come se fosse normale”. I pazienti in questione danno un’impressione di “completa normalità”, che si accompagna alla sensazione che “manchi” qualcosa, in particolare vero calore e veri sentimenti, anche se apparentemente essi coltivano rapporti affettivi e di amicizia ricchi e variegati.
L’autrice fa una differenziazione tra le personalità “come se” e i disturbi affini ai fenomeni di depersonalizzazione in quanto in questi ultimi i pazienti riconoscono di trovarsi un una condizione di estraneità. Mentre nelle personalità “come se” si possono verificare stati dissociati che non sono percepiti dai pazienti, ma che vengono comunque offermati dalle altre persone che le circondano, descrivendoli “inconsapevoli della loro assenza di risposte e di legami affettivi normali”. Il disturbo viene avvertito, o emerge in corso di trattamento analitico e può avere un andamento transitorio o fluttuante, oppure può manifestarsi in modo stabile e costante.
In altri termini, si può dire che nei casi di depersonalizzazione, il disturbo viene vissuto come “intrapersonale” (“Sono cambiato, non riesco più a provare nulla. Tutto mi sembra irreale”) o viene proiettato sul mondo esterno che appare strano, sfumato, irreale; al contrario nel caso delle personalità “come se”, è chi si trova a relazionarsi con esse che (come Helene Deutsch scriveva) “prima o poi esclama: “Qui c’è qualcosa che non va”.
Si tratta di persone con comportamento che non si discosta dalla norma, con capacità mentali integre, sovente intellettualmente dotate e con un’espressività emotiva che “sembra” adeguata. Helene Deutsch utilizza nel suo articolo l’aggettivo “impalpabile” per descrivere il quid che caratterizza queste personalità e che viene colto anche dall’osservatore profano che con esse si trova ad interagire. Così come nell’estrinsecazione della creatività compiono un lavoro dignitoso di copia di un prototipo, senza spunti originali, anche nelle relazioni affettive queste personalità esprimono le emozioni in modo “ puramente formale” e ogni esperienza interna è loro “completamente preclusa”.
Questi individui si caratterizzano anche per una disposizione passiva verso l’ambiente ed una capacità di modellarsi alle aspettative nei loro confronti, tanto da risultare immediatamente gratificanti per il partner, ma ben presto deludenti, a causa “dell’atmosfera emozionale vuota e convenzionale” che inevitabilmente instaurano.
Le personalità “come se” hanno reazioni con caratteristiche di inautenticità agli abbandoni, oppure non presentano reazioni affettive e solitamente sostituiscono piuttosto rapidamente il loro oggetto d’amore. Lo stesso tipo di funzionamento si può osservare anche nell’ambito degli ideali e delle convinzioni (politiche, etiche, religiose, ecc…), che vengono facilmente e rapidamente rimpiazzate da altre, a seconda di occasionali identificazioni con persone diverse. Per il tratto di dipendenza possono incorrere in situazioni a limite con la giustizia. Queste personalità, infatti, sono esposte ad una facile suggestionabilità (differente da quella presente nell’isteria), che in loro risulta dalla passività e dalla “tendenza automatica all’identificazione”. Altro tratto distintivo delle personalità “come se” è il mascheramento dell’aggressività ad opera della passività, che conferisce loro “un’aria di artificiosa bontà”, di natura quanto mai instabile.
Per quanto riguarda la diagnosi differenziale, il problema si pone, come già descritto, con gli stati di depersonalizzazione, ed inoltre con i soggetti repressi, la cui freddezza è il risultato di una rimozione, mentre nelle personalità “come se” vi è una vera e propria carenza di investimento oggettuale. Nell’isteria, le identificazioni con gli oggetti sono accompagnate da intenso investimento libidico, a differenza di quanto avviene nelle personalità “come se”. Negli isterici la rimozione dell’affetto comporta la liberazione dell’ansia e permette di uscire dal conflitto, mentre nelle personalità “come se” è presente una carenza precoce dello sviluppo dell’affetto, che riduce la conflittualità interna e implica un impoverimento globale della personalità. Nei soggetti narcisistici, poi, il blocco dell’affettività è conseguenza della rimozione dei sentimenti, mentre nelle personalità “come se” vi è un tentativo di simulazione dell’esperienza affettiva, che non è stata rimossa, ma che è, invece, carente. L’autrice individua un’analogia fra situazioni “come se” e certi stati che si verificano durante la pubertà, che ella definisce “schizoidi”, suscettibili di evoluzioni patologiche o di remissione ad una situazione di “normalità”.
Infine Helene Deutsch prende in considerazione le correlazioni fra questo tipo di pazienti e gli psicotici, ai quali sono accomunati dal narcisismo e dalla povertà di rapporti oggettuali e dai quali si distinguono, a suo parere “fondamentalmente perché il giudizio di realtà appare conservato”. Ella aggiunge di aver osservato come la schizofrenia attraversi una fase “come se” prima di esprimersi in senso delirante, tanto che definisce queste personalità come “condizioni pre-psicotiche”. Tuttavia, pur riconoscendo lo stretto legame fra le personalità “come se” e la schizofrenia, conclude che non le è chiaro se i disturbi emotivi da lei descritti “implichino una disposizione alla schizofrenia o siano essi stessi sintomi rudimentali di schizofrenia”.
A proposito della genesi di questo tipo di personalità, la Deutsch sostiene che il bambino, per essere in grado di sviluppare una normale vita emotiva, debba realmente sperimentare il calore del corpo materno e la corrente libidica dei genitori che fluisce nella costellazione edipica, cosa che ritiene essere mancata in questi pazienti, che, quindi, non sarebbero in grado di sviluppare un normale complesso edipico (Roazen, 1983.) A questo proposito l’autrice riporta un caso clinico estremo, ma assai chiarificatore, in cui i genitori non avevano offerto alla paziente nulla più che la loro presenza, senza mettersi in alcun modo in gioco nella relazione con lei. La psicoanalista mostra come una giovane ragazza, per compensare il vuoto emotivo lasciato dai suoi genitori, si era inizialmente abbandonata a una “regressione narcisistica alla fantasia” (1934) basata sul mito di genitori onnipotenti – eroi immaginari che costituiscono per lei “l’ombra fantastica di una situazione edipica” che ebbe l’unico risultato di allontanarla dai suoi veri genitori e di svuotare di ogni contenuto il loro rapporto. Il punto più problematico, però, sta nel fatto che il mito genitoriale – avendo ceduto il passo alla realtà dei genitori – non si è rivelato sufficientemente strutturante da lasciare spazio a nuove fantasie: “le fantasie narcisistiche hanno lasciato il posto ai vissuti reali alle quali la giovane poteva partecipare solo attraverso identificazioni” (1934).
Helene Deutsch afferma che nelle personalità come-se troviamo frequentemente “l’ombra fantasmatica di una situazione edipica” a causa di una carenza emotiva nella prima infanzia, un disturbo nell’equilibrio tra soddisfazioni e frustrazioni nel primo periodo di sviluppo dell’Io, con conseguente limitazione e carenza duratura dell’Io. Un effetto di questa deficienza è la persistenza delle primissime identificazioni dell’Io, dove la dipendenza dall’oggetto si manifesta attraverso l’imitazione che è una modalità di adattamento.
La costituzione del Super Io, quindi, nelle personalità “come se” è carente a causa dell’inconsistenza della costellazione edipica; del pari sono vacillanti e instabili le identificazioni, che avvengono con oggetti esterni, anziché con quelli interni, come esito del superamento del complesso edipico.
La debole struttura superegoica, la tendenza alla passività e l’identificazione prevalente con oggetti esterni rendono ragione di quella caratteristica delle personalità “come se” che Helene Deutsch suggestivamente definisce “d’ombra”.
Un autore che ha successivamente sviluppato un concetto simile è stato Winnicott con il suo concetto di personalità “Falso se”(1965). I due concetti possono apparire sovrapponibili in parte. Una caratteristica che li distingue sembrerebbe la precocità con cui si struttura un falso sé più prossima alla psicosi. Mentre per come definisce la Deutsch le personalità “come se” sembrerebbero appartenere una modalità relazionale caratterizzata dalla necessità di mantenere la vicinanza dell’altro ossia dell’oggetto per tanto si possono considerare personaità appartenenti a un registro leggermente più evoluto. Infatti tenderebbero alla passività e all’identificazione con oggetti esterni per mantenere la prossimità con loro su cui si modellano in modo camaleontico senza che però si avverti un reale investimento emotivo. Questa tipologia relazionale è più vicina ad una modalità anaclitica in cui ci si difende da un temuto abbandono. Di conseguenza le cause di un disturbo di questo tipo risalirebbero a un periodo in cui il bambino si è differenziandosi dalla madre ma comincia a temere di perderla.
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Sitografia
Approfondimenti scritti di Helene Deutsch
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