Presentazione miti e simboli in psicoterapia
La verità è che non siamo mai soli… nell’ombra c’è sempre un’oggetto
L’io è sempre in relazione con l’altro nel nostro immaginario. Così come un ombra non lascia mai il suo possessore, allo stesso modo siamo in relazioni con chi ci è entrato nel cuore indipendentemente dalla sua presenza fisica. Nel dialogo con noi stessi, o anche quando si borbotta e si parla tra sé e se, la presenza dell’altro è una condizione imprescindibile della condizione umana.
Le capacità fantasmatiche della psiche permette il popolare il mondo interno di interlocutori di ogni genere. Jung afferma che nell’ombra finiscono i residui e le tracce delle esperienze che hanno condizionata l’esistenza all’insaputa della coscienza. Per Jung conoscere questi aspetti è l’unico modo per riappropriarsi della propria vita, i simboli e i miti aiutano nel processo di individuazione.
Il mito permette la narrazione delle più comuni dinamiche relazionali e facilità la comprensione degli accadimenti personali.
La relazione tra l’io e l’oggetto ci permette di comprendere il carattere e la personalità di un individuo.
Allo stesso modo questa relazione ci consente di comprendere quale è la struttura o l’organizzazione di personalità.
La Psicosi, le Nevrosi o i Disturbi di Personalità rispondono a specifiche modalità relazionali in relazione dei rispettivi oggetti interni.
Ma lo psicoterapeuta può comprendere che relazione c’è tra l’io e l’oggetto interno di una persona?
Come può lavorare per facilitare i processi di elaborazione delle condizioni che hanno messo in crisi un individuo?
In linea di principio sono diverse le modalità che consentono al terapeuta di comprendere il tipo di statuto dell’oggetto interno, le principali sono:
- il racconto che la persona fa’ dei suoi rapporti relazionali;
- il controtrasfet che un paziente fa’ vivere nella relazione con lui;
- il tipo di evento che ha messo in crisi il sistema difensivo.
Come può essere di aiuto il mito o la simbologia per orientare il terapeuta?
Ogni organizzazione di personalità sceglie e riflette un mito o più miti in base alla specifica modalità relazionale oggettuale manifestata nel mito stesso.
Possiamo associare diversi miti in funzione delle differenti strutture di personalità, Psicosi, Nevrosi e Stati limite.
Questi miti ci mostrano come determinati tipi di relazioni si possono consumarsi nelle differenti relazioni.
Nell’area psicotica possiamo associare il mito di Crono e la tematica dell’incorporazione del fallo/figlio.
Il mito del re mida raffigura il paradossa dell’assenza delle differenze.
Il mondo dell’Ade che apre la tematica della differenziazione tra dentro e fuori, e degli oggetti persecutori.
L’uroborus ci apre il delirio di autoprocreazione.
Nell’aria dei disturbi di personalità possiamo trovare altrettanti miti, questa dimensione è quella che confronta l’individuo con i limiti, gli eccessi e gli aspetti narcisistici.
A quest’area possiamo associare:
- il mito di Narciso, le ferite narcisistiche e la questione dei processi di costruzione dell’identità;
- il mito di Icaro rimanda alla tematica della mancanza di un limite all’eccessivo il cui opposto è l’angoscia di castrazione totale;
- il mito di Ercole propone la tematica del fallo anale eccitatorio, e la morte Ercole e della moglie pone la morte come limite universale.
- il mito di Dionisio o Bacco, riguarda il fallo eccitatorio per eccesso de principio del piacere.
Nell’area nevrotica possono essere associati i miti che rimandano alla fase genitale e il dispiegarsi del fantasma del romanzo famigliare.
Il mito di Prometeo affronta le tematiche:
- dell trasgressione altruistica , del coraggio, e del fallo genitale;
- della punizione accettata;
Il mito di Atalanta e delle mele d’oro racconta della dinamiche psichica in cui vi è la trasformazione del fallo anale nel fallo genitale
Il mito di Perseo e della medusa racconta del processo di crescita in cui la condizione di fallicità genitale incontra i limiti e c’è l’accettazione dell’impotenza.
Il mito di Edipo mostra attraverso le vicende sviscera le dinamiche di castrazione.
I miti stimolano le potenzialità trasformative psichiche e quelle qualità creative di trovare nuove soluzioni a vecchi problemi.
La potenzialità simbolica è quel elemento creativo su cui si poggia la mente di un individuo quando deve trovare soluzioni ai propri problemi, ed è quella facoltà che permette un lavoro in psicoterapia
La psiche riesce a utilizzare i simboli e avviare i processi di riflessione, l’elaborazione e mentalizzazione.
Attraverso questa capacità l’individuo può rappresentare sè stesso, le sue relazioni e le sue difficoltà.
Il mito in psicoterapia può attivare processi di mentalizzazione e per Jung questo processo può passare attraverso l’uso di archetipi e l’attivarsi di processi simbolici.
Gli archetipi secondo Jung sono possibilità di rappresentare, ci sono diversi archetipi principali che raffigurano modalità diverse di essere di un individuo. Gli archetipi possono emergere nei sogni e possono svolgere la funzione di far passare materiale inconscia attraverso il preconscio e l’inconscio.
L’inconscio ha una sua naturale tendenza a emergere. Contenuti non elaborati possono rappresentare dei sostesi che necessitano di un senso.
Le emozioni legate a questi contenuti in determinati momenti della vita possono riaffiorare nei sogni.
Questo può succedere quando situazioni del presente vanno a sollecitare contenuti del proprio passato.
Diversi autori riconoscono che i miti sono l’espressione di quelli che sono i processi terziari della spiche collettiva e si poggiano sui processi secondari degli individui.
Secondo D. Ansieu e R. Kaès i miti derivano da dall’elaborazione terziaria della collettività grazie all’esistenza di uno “spazio immaginativo gruppale”.
La loro formazione deriva dall’esistenza di comuni esperienze nelle diverse epoche e civiltà, e la loro presenza facilita la comprensione di alcune dinamiche relazionali.
Infatti molti autori ritengono che la narrazione, le fiabe e i miti hanno il potere di orientare l’individuo nel suo processo di comprensione di sé stesso e delle emoziono che albergano in lui.
Attraverso i miti l’individuo può essere facilitato nella comprensione delle emozioni che lo albergano e delle difficoltà che sta vivendo nel presente.
Nella vita questo si concretizza con la capacità sempre più adattativa che la persona continua a sviluppare. L’individuo impara a gestire meglio e decidere come soddisfare i suoi desideri e le sue pulsioni. La procrastinazione della tendenza alla soddisfazione immediata dei bisogni e (dunque i processi secondari) viene operata grazie alla capacità dell’io di operare come tramite tra l’es e la realtà.
I processi primari sono quei processi che vedono l’emergere di pulsioni e la necessità di un immediato scarico. I processi secondari si attuano grazie all’io che permette di gestire e incanalare l’energia pulsionale, grazie all’analisi che fa’ della situazione e della scelta più appropriata.
Kaès sostiene che i processi terziari si manifestano con la creazione di narrazioni che hanno come tematica i fantasmi primari, nella clinica con i gruppi i miti attivano processi associativi nelle sedute facilitano l’elaborazione.
Collettivamente il tempo permette una selezione di storie che meglio rappresentano le dinamiche relazionali e queste entrano nel patrimonio culturale.
Nelle psicoterapie come il PPM (processo psicoterapeutico mutativo), che mirano alla cura e al cambiamento evolutivo dell’individuo, il mito può favorire i processi di elaborazione.
Questa tecnica tenta di permettere un rapporto trasformativo di entrambi, paziente e terapeuta, in un reciproco influenzamento che possa accresce entrambi.
Questa tecnica prevede sfruttare, la nascita di spazio mentale condiviso dall’incontro di paziente e terapeuta, per condividere un luogo dove pensare insieme.
In questo spazio immaginativo è possibile stimolare processi secondo quello che alcuni autori (P.Petrini e A. Mandese) chiamano il modello genitale della mente. L’obbiettivo è quella di avviare un lavoro di rappresentazione condivisa della problematica del paziente. L’individuo raccontando vicende della sua vita al terapeuta può avviare processi di rispecchiamento.
Il terapeuta con le sue domande può far cogliere aspetti non considerati in precedenza, usando una nuova modalità riflessiva più evoluta. Il pensiero genitale è una forma di riflessione triadica che tiene in considerazione le differenze generazionali e di genere.
La modalità di pensiero genitale e una modalità di pensiero in cui l’elemento del terzo sta a indicare la possibilità di aprirsi all’incognita di un’alternativa. L’alternativa può essere un diverso modo di vedere gli altri, un diverso modo di vedere se stessi, un diverso modi di intendere la vita e le sue potenzialità, un diverso modo di intendere i limiti, i bisogni e le relazioni.
L’elemento del terzo rappresenta una modalità di pensiero che tiene in considerazione le differenze generazionali in senso verticale e le differenze di genere maschio, femmina in senso orizzontale.
Nella relazione terapeutica questo nuovo elemento può entrare a popolare il mondo interno del paziente per stimolare un modo nuovo di intendere ciò che lo riguarda.
Il mondo interno è quel mondo psichico personale di un individuo ed è popolato da quelle dinamiche relazionali che ha vissuto. Il mondo interno è notevolmente influenzato dallo statuto dell’oggetto e si forma in relazione alle esperienze significative. Nella relazione terapeutica uno degli obbiettivi è quello di inserire nuovi elementi di cambiamento e la crisi fa da orientatore e da bussola circa la strada da intraprendere. Allo stesso modo in cui nella tecnica Jungiana questo lavoro sarebbe orientato dall’archetipo del sé.
Il sé per Jung è quell’istanza psichica che orienta è da direzione ai processi elaborativi di un individuo. Il sé per Jung tende all’integrazione delle componenti psichiche scisse che affondano nell’ombra. Questo processo segue una logica naturale secondo quel concetto che Aristotele chiamava “entelechia”.
Aristotele sosteneva che ogni elemento della natura possiede una naturale spinta innata a realizzare se stessa, allo stesso modo per cui una ghianda tende a realizzarsi in una quercia. L’individuazione avviene per entelechia e per Jung questo processo è orientato dal sé.
Nel PPM i processi trasformativi che sfruttano i miti per il cambiamento seguono delle dinamiche associative. Nella terapia il paziente in diversi momenti parlerà di un personaggio della narrazione spontaneamente.
Le storie o i miti possono esprimere lati del paziente che aspettano di avere un senso.
Il terapeuta può orientare la cura utilizzando i miti con l’obbiettivo di avviare processi di riflessione circa il problema e di cosa in realtà ha messo in crisi la psiche del paziente. Il terapeuta cerca di mettere in discussione la rappresentazione mentale e l’automenzogna difensiva che ha permesso di mantenere per un certo periodo un equilibrio.
Il mito può veicolare questo processo, apparentemente salvaguardando gli aspetti narcisistici
Nella tecnica del PPM il terapeuta nella terapia dovrà favorire la costruzione di un’altra rappresentazione mentale in cui sia predominante un pensiero genitale, il riconoscimento della realtà e dei limiti.
L’integrazione nello psichismo dei motivi che hanno portato alla crisi permette al paziente di strutturare una modalità difensiva più efficace per adattarla alle difficoltà esistenziali. Risolvere momenti di crisi e sviluppare strategie più economiche, grazie a una relazione di appoggio sana è una delle poche condizione capaci di risolvere situazioni di profondo malessere.
Grazie per l’attenzione
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Psicologa Psicoterapeuta
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Grazie dell’attenzione
Psicologa, Psicoterapeuta
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Studio in: corso Gramsci 133, Palagianello (Ta)
tel 3201987812 email: giuliadecarlo@hotmail.com