Il SIMBOLO come elemento UNIFICATORE degli OPPOSTI e la psiche come “SISTEMA AUTOREGOLANTESI” in C.G. Jung e S. Freud
Il testo che segue esplora uno dei temi centrali della psicologia analitica di Carl Gustav Jung: la funzione del simbolo come elemento di trasformazione nella risoluzione dei conflitti psichici. Jung concepisce la psiche come un sistema che si autoregola, in grado di orientarsi verso la piena realizzazione personale. Il simbolo, in questo processo, funge da coadiuvante delle forze opposte a cui l’individuo è assoggettato e verso cui cerca un equilibrio. La “coniunctio oppositorum”, ossia la sintesi degli opposti, rappresenta per Jung il lavoro psicologico che tutti gli individui devono compiere per realizzare se stessi. In questo elaborato vengono illustrate le modalità con cui Jung utilizza i simboli e gli archetipi per favorire l’armonia tra le polarità della personalità, come conscio e inconscio, razionalità e irrazionalità, pulsionalità e riflessività. Inoltre, un aspetto molto interessante è rappresentato dalle osservazioni di Jung sul fenomeno della “circumambulazione” e dalla sua tesi secondo cui l’uomo, nella sua psiche, si muoverebbe nello stesso modo circolare in cui si muove l’universo. Così come in natura i fenomeni di movimento, sia lineare che circolare, sono la conseguenza di forze che si attraggono e si respingono, anche nella psiche si riscontrerebbe un funzionamento basato su polarità opposte. Su questo tema si è espresso anche Freud a propositi della natura delle pulsioni; pertanto esamineremo parallelamente il suo contributo, offrendo un confronto tra le due prospettive psicoanalitiche sulla gestione dei conflitti interni e sulla funzione di sintesi che l’Io è chiamato a operare, pena la malattia.
Questo studio invita il lettore a riflettere su come le antitesi, lungi dall’essere ostacoli, possano divenire strumenti di crescita e integrazione personale attraverso il potere trasformativo del simbolo.
Per C.G. Jung la psiche è un “SISTEMA AUTOREGOLANTESI”
Nella Psicologia analitica C.G. Jung prende in considerazione gli opposti a partire dal principio che la vita psichica è un sistema “autoregolantesi” che non può raggiungere l’equilibrio se non attraverso una contemperanza dei contrari che possono esprimersi o nella forma dell’«enantiodromia» o in quella della «coniunctio oppositorum». La risoluzione delle conflittualità interne per l’autore avviene grazie a un processo autonomo della psiche che “partendo da qualsiasi punto va verso il centro” chiamato, appunto circumambulazione. Con questi termini Jung esamina modalità differenti e complementari con cui lui vuole spiegare il divenire di tutte le cose. Secondo Jung ogni agente ha in sé una forza respingente che tende al distanziamento tra gli oggetti, e una forza di attrazione che evita che ogni cosa si disperda nell’universo. Queste forze contrapposte girando attorno ad un centro creando un certo equilibrio, per esempio negli astri del cosmo sono forze esterne in armonia. Allo stesso tempo anche nell’individuo esistono forze interne contrapposte che lo pongono in uno stato di disarmonia. Queste nascono in relazione ai tanti aspetti contrastanti che riguardano la personalità. A questo proposito Jung si esprime attraverso i concetti di macrocosmi e microcosmi nel testo di “Psicologia e Alchimia”. Dove il microcosmo è rappresentato dall’individuo e il macrocosmo dal mondo che lo circonda.
Il concetto di “enantiodromia” circumambulazione “coniunctio oppositorum”.
A questo punto è doveroso riesaminare più da vicino i concetto di
- “enantiodromia”,
- circumambulazione
- “coniunctio oppositorum”.
- L’enantiodromia
Parola derivata dal greco antico ἐναντιοδρομία, è composto da “enantios”, opposto e “dromos”, corsa che significa letteralmente corsa nell’opposto. Nel “Fedone”, Platone per dimostrare la natura immortale dell’anima si rifà alla “teoria dei contrari” affermando che come in natura ogni cosa si genera dal suo contrario, anche la morte si genera dalla vita e la vita dalla morte, nel senso che ogni anima rivive dopo la morte del corpo. Prima di Platone questo termine, nella filosofia di Eraclito, indicava il gioco degli opposti nel divenire, cioè la concezione secondo la quale tutto ciò che esiste passa nel suo opposto.
In “Frammenti” di Eraclito leggiamo:
«Ciò che si oppone conviene, e dalle cose che differiscono si genera l’armonia più bella, e tutte le cose nascono secondo gara e contesa.» (Eraclito, Frammenti).
Con questo termine, mutuato da Eraclito, Jung intende la «corsa nell’opposto» che si verifica ogni volta che si assiste a un’unilateralità dell’atteggiamento della coscienza. Per Jung una manifestazione esteriore della personalità corrisponde al suo esatto contrario nell’ inconscio in una polarità tra conscio-inconscio, consapevolezza-ombra.
A questo proposito così si pronuncia:
«Questo fenomeno caratteristico si verifica quasi universalmente là dove una direttiva completamente unilaterale domina la vita cosciente, così che col tempo si forma una contrapposizione inconscia altrettanto forte, che dapprima si manifesta con un’inibizione delle prestazioni della coscienza e in seguito con un’interruzione dell’indirizzo cosciente» (1921, p. 437-438).
Secondo Jung «alla legge crudele dell’enantiodromia sfugge soltanto chi sa differenziarsi dall’inconscio, non già rimuovendo – perché altrimenti l’inconscio lo afferra semplicemente alle spalle – bensì ponendoselo chiaramente innanzi come qualcosa di diverso da sé» (1917-1943, p. 74).
Queste teorie sembrano essere l’evoluzione di una concettualizzazione che in ambito psicoanalitico, dalle prime osservazioni di Freud, intraprese varie strade.
Il concetto di “circumambulazione”
Il fenomeno di autoregolazione della psiche Jung la intravide nella manifestazione della “circumambulazione”. Fenomeni delle “manifestazioni autonome” e della “complessità dell’Io” vennero dedotti da Jung attraverso l’osservazione per cui sembrava che l’inconscio facesse tutto da solo, auto-promuovendo un processo di cura in cui emergevano spontaneamente analogie e simboli. Osservò questo fenomeno:
- Nei sogni di persone che descrivevano esatte circostanze della loro vita, non offuscate da meccanismi di difesa, che poi mostravano di avere più chiara la loro situazione,
- Nell’emersione spontanea di simboli o archetipi che attivavano processi di riflessione e soluzione di conflitti.
L’ idea che la psiche avesse una sua propria volontà e autonomia che portava al centro di qualcosa, prese consistenza anche grazie all’osservazione di alcuni disegni, fatti da pazienti psicotici che spontaneamente disegnavano spesso dei mandala. Jung associò questi fatti al fenomeno della circumambulazione (dal latino circumambulatio) notando delle assonanze e cercando di capire se ci fossero dei collegamenti. La circumambulazione è una pratica religiosa che, presente in molte tradizioni d’oriente e d’occidente consiste nel passeggiare attorno a una persona, o a un oggetto fisico, o ideale. Attualmente tale pratica è diffusa nel buddhismo, nell’induismo e nell’islam e in passato era praticata anche in talune cerimonie religiose precristiane. Jung ipotizzò che la circumambulazione dovesse avvenire anche a livello inconscio, constatando che in tutte le culture si osservavano creazioni artistiche tipo i mandala, e che il centro di questo PUNTO dovesse rappresentare la meta da realizzare da parte dell’individuo; questo punto-meta lo chiamò Sé. Questo riferimento a un CENTRO lo ritrovò sia nell’alchimia d’oriente e d’occidente che nelle perdute pratiche gnostico cristiane, pertanto volle approfondire queste culture.
Nel testo “l’Uomo e i suoi Simboli” Jung spiega come è giunto a sviluppare il suo pensiero, ritrovando in queste tradizioni il riferimento a simboli o archetipi utilizzati per operare delle pratiche di trasformazione della coscienza. Ad un certo punto della sua vita Jung si distaccò dal metodo freudiano che vedeva nella tecnica delle libere associazioni e dell’interpretazione dei sogni l’unico metodo efficace per di l’esplorazione della psiche. Pensava che individuo e ambiente si influenzassero a vicenda seguendo una unica direzione, ognuna verso il centro di massima realizzazione. Pertanto l’analisi dell’inconscio poteva essere considerata la chiave per realizzare questo obbiettivo lasciando che si manifestasse nel suo flusso più spontaneo. Un episodio in particolare suggerì a Jung che, nel lavoro psicoterapeutico, non era necessario usare il sogno e la tecnica «libera associazione», come punto di partenza, per scoprire i complessi di un paziente. Questo evento fu, per Jung, un ulteriore dimostrazione che si può arrivare al centro di un problema, o di un complesso da elaborare, partendo da qualsiasi punto della circonferenza. A questo proposito Jung (1961) scrive:
“Freud attribuì una particolare importanza ai sogni, considerandoli come il punto di partenza di un processo di «libera associazione». Tuttavia, dopo un po’ di tempo, cominciai a rendermi conto che questa era una utilizzazione erronea e inadeguata delle ricche fantasie che l’inconscio produce durante il sonno. Cominciai ad avere dei dubbi quando un collega mi disse di un’esperienza che egli aveva avuto durante un lungo viaggio in treno fatto in Russia. Benché egli non conoscesse la lingua e non sapesse neppure decifrare la scrittura cirillica, si trovò a fantasticare sulle strane lettere in cui erano scritti gli avvisi ferroviari e piombò in una “rêverie” durante la quale egli immaginava ogni sorta di significati. Passando spontaneamente da un’idea all’altra, in questo stato d’animo rilassato, egli si accorse che questo tipo di «libera associazione» gli aveva ridestato molti vecchi ricordi. Fra questi egli trovò con disappunto alcuni avvenimenti da lungo tempo sepolti nella memoria: tutte cose che aveva voluto dimenticare e che di fatto aveva dimenticato “consciamente”. Egli era arrivato a ciò che gli psicologi chiamano «complessi», cioè a temi emotivamente rimossi, che possono provocare continui disturbi psicologici e, in molti casi, persino i sintomi di una nevrosi. Questo episodio mi rivelò che non era necessario usare il sogno come punto di partenza del processo di «libera associazione» per scoprire i complessi di un paziente. Esso mi dimostrò che si può arrivare al centro partendo da qualsiasi punto della circonferenza. Si poteva partire da alcune lettere cirilliche, da meditazioni su una sfera di cristallo, una «ruota di preghiera» o un dipinto moderno o anche prendendo le mosse da una conversazione casuale su qualche banale avvenimento. In questo senso il sogno non era più utile di qualsiasi altro possibile punto di partenza. Tuttavia, i sogni hanno un significato particolare, sebbene nascano spesso da un turbamento emotivo in cui sono coinvolti anche i complessi abituali. (I complessi abituali sono i punti deboli della psiche che reagiscono nel modo più rapido a uno stimolo esterno o a un disturbo.) E’ per questo motivo che la libera associazione può condurre dai sogni, qualunque essi siano, al segreto profondo dei pensieri. A questo punto, tuttavia, riflettei che, se ero nel giusto, si poteva ragionevolmente dedurre che i sogni avessero qualche funzione speciale e più significativa. Molto spesso i sogni hanno una struttura definita, evidentemente intenzionale, che esprime un’idea recondita o un’intenzione, benché quest’ultima, di regola, non sia immediatamente comprensibile. Cominciai perciò a riflettere sull’opportunità di prestare una maggiore attenzione alla forma e al contenuto attuali del sogno, piuttosto che permettere alla «libera» associazione di sviarci, attraverso una catena di idee, verso i complessi che potevano essere facilmente raggiunti con altri mezzi. Questa riflessione segnò un momento decisivo nello sviluppo della mia psicologia. Ciò significava che gradualmente io mi venivo distaccando dalle associazioni concatenate ritenendo che esse fuorviassero dal contesto del sogno. Io preferivo concentrarmi sul sogno piuttosto che sulle associazioni, ritenendo che il primo esprimesse qualcosa di specifico che l’inconscio tentava di manifestare. Cambiando la mia interpretazione dei sogni dovetti cambiare anche il metodo: la nuova tecnica da me elaborata poteva prendere in considerazione tutti i vari aspetti del sogno. Una storia narrata dalla mente conscia ha un suo inizio, uno sviluppo e una conclusione, mentre la stessa cosa non è vera per il sogno. Le sue dimensioni spaziali e temporali sono assai diverse: per comprenderlo dobbiamo esaminarlo in tutti i suoi aspetti, così come siamo indotti a fare con un oggetto sconosciuto che, una volta pervenuto nelle nostre mani, viene da noi girato e rigirato fino a che ogni suo minimo dettaglio non ci è divenuto familiare. A questo punto risulterà probabilmente chiaro il modo in cui io venni progressivamente distaccandomi dalla «libera» associazione, nel senso che Freud le aveva inizialmente attribuito. Il mio scopo era quello di avvicinarmi quanto più possibile al sogno in sé escludendo tutte quelle idee e associazioni superflue che esso poteva evocare. Ciò poteva condurre ai complessi del paziente, ma il mio scopo mirava al di là della scoperta dei semplici complessi responsabili dei disturbi nevrotici.”
La “Coniunctio oppositorum” e la funzione di unificatrice del SIMBOLO
La RISOLUZIONE dei CONFLITTI grazie al SIMBOLO è per Jung quel «coniunctio oppositorum», ossia la conciliazione degli opposti che è possibile vivere dentro di noi, quando si verifica una sorta di riappacificazione che trascende la contraddittorietà che alberga, spesso, nel nostro animo. Jung ricava tale espressione dalla letteratura alchemica e la impiega come metafora per indicare quell’operazione della psiche che tende non ad annullare i contrasti ma a superarli, operando una sintesi che è resa possibile dalla funzione unificatrice del simbolo. Infatti, il simbolo conformemente all’etimologia greca da cui deriva “sun-bâllein”, significa appunto «mettere insieme», «com-porre» realizza un’unità superiore attraverso l’unione delle opposte polarità che possono essere tanto le polarità presenti nella psiche di ogni individuo, quanto razionalità e pulsionalità, maschile e femminile, pensiero ed eros, conscio e inconscio, quanto la polarità dei due termini della relazione terapeutica: paziente e analista. Scrive Jung in merito:
«L’uomo senza relazioni non possiede totalità, perché la totalità è sempre raggiungibile solo attraverso l’anima, la quale dal canto suo non può esistere senza la sua controparte, che si trova sempre nel Tu. La totalità consiste nella combinazione di Io e Tu, che appaiono come parti di un’unità trascendente la cui essenza non può essere afferrata che simbolicamente, per esempio mediante il simbolo del rotundum, della rosa, della ruota o della coniunctio Solis et Lunae» (1946, p. 250).
Poiché la coniunctio (congiunzione) che si verifica all’interno dell’individuo costituisce l’incontro di due processi psichici opposti, quando ciò si verifica comporta una trasformazione. Così come in chimica si combinano due sostanze e se ne ottiene una diversa, allo stesso modo la scomparsa della precedente identità è preludio di un senso di rinnovamento e rinascita di un nuovo modo di essere. Questo evento lo si può associare all’insorgere del Lapis, (la pietra filosofale) degli alchimisti, simboleggiato, nei testi alchemici come nei sogni, dalla figura dell’ermafrodito, del fanciullo, dell’oro, del divino ecc.. La rinascita consiste, secondo Jung, nell’emergere di una nuova configurazione del Sé, ossia di un nuovo centro della personalità che subentra alla precedente grazie alla sua capacità di realizzare un più armonico equilibrio dinamico tra i processi psichici considerati fino a quel momento opposti e inconciliabili
Approfondimento sul concetto di “opposti” nella Psicoanalisi di Freud
Partendo dalle prime osservazioni cliniche Freud mise in evidenza che la mancata relazione di equilibrio tra le dualità opposte, sempre presenti nell’individuo, erano spesso la causa di manifestazione morbose di natura psichica o l’origine di deviazioni sessuali. Il riferimento ai concetti di tensioni interne causate da dinamiche conflittuali fu all’origine della teoria pulsionale, che troviamo ben esplicitata nel suo scritto “Pulsioni e suoi destini”. Freud, in questo elaborato dichiara che la psiche è sempre sottoposta a tensioni interne a causa dei suoi moti pulsionali. A proposito di pulsioni interne, che trovano ostacolo nella loro piena soddisfazione, spiegò che la psiche sottoposta a tensione trova strategie più o meno evolute per risolvere il problema. Per esempio leggiamo nel testo “Introduzione alla psicoanalisi” che la nevrosi e i sintomi psichici deriverebbero da una forma di “soluzione di compromesso disfunzionale” nei confronti di energie laceranti interne. Per cui nella teoria pulsionale esplicita alcuni meccanismi profondi che partecipano all’instaurarsi di nevrosi in seguito a forze contrastanti in due principali accezioni:
- Capovolgimento o conversione nell’opposto, che si riferisce alla trasformazione di una pulsione nel suo contrario.
- Coppia o polarità di opposti, come nelle antitesi: soggetto (Io) – oggetto (mondo esterno), piacere – dispiacere, attivo – passivo. Di queste, Freud suggerisce che: la polarità “attivo-passivo” possa essere considerata una polarità biologica. La polarità “Io – mondo esterno” rappresenti una polarità reale. La polarità “piacere – dispiacere” sia una polarità economica.
- Capovolgimento o conversione nell’opposto
Freud descrive la trasformazione nel contrario come un processo articolato in due aspetti distinti:
- Il passaggio dall’attività alla passività: esempi emblematici sono le coppie antitetiche sadismo-masochismo e piacere di guardare-esibizionismo. Qui, il cambiamento riguarda esclusivamente le mete delle pulsioni: alla meta attiva (martoriare, contemplare) si sostituisce quella passiva (essere martoriato, essere contemplato).
- L’inversione di contenuto: questo processo si manifesta principalmente nel mutamento dell’amore in odio.
Freud spiega questa dinamica introducendo il concetto di riflessione, secondo cui la meta pulsionale può rivolgersi verso il soggetto stesso. Egli afferma:
- «Una pulsione che abbandona l’oggetto per indirizzarsi sull’Io non è affatto diversa, in linea di principio, da una pulsione che compie il movimento inverso – dall’Io all’oggetto» (1920, p. 240).
La riflessione obbliga Freud a rivedere il concetto di masochismo, inteso come una pulsione sadica che si rivolge contro l’Io del soggetto stesso:
- «Il masochismo, e cioè la pulsione parziale complementare al sadismo, [può] essere inteso come un sadismo che è tornato a rivolgersi contro l’Io del soggetto» (1920°, p. 240).
Questo fenomeno trova spazio anche nell’analisi del sogno, dove:
- «L’opposizione tra due pensieri, il rapporto d’inversione, trova nel sogno una raffigurazione molto interessante. Essa viene rappresentata in questo modo: un altro brano del contenuto onirico viene rovesciato – per così dire a posteriori – nel suo contrario» (1900, p. 29).
Anna Freud approfondirà successivamente il concetto di conversione nell’opposto, identificandolo come uno dei meccanismi di difesa più primitivi. Un esempio è l’identificazione con l’aggressore, che lei considera alla base del meccanismo di difesa della formazione reattiva.
- Coppia o polarità di opposti
Secondo Freud, la vita psichica è dominata da tre grandi polarità:
Soggetto (Io) – Oggetto (mondo esterno): questa antitesi si manifesta precocemente, quando l’individuo apprende che, sebbene possa ridurre gli stimoli esterni con l’azione muscolare, rimane vulnerabile agli stimoli pulsionali.
Piacere – Dispiacere: tale polarità è legata alla tendenza a mantenere costante o a ridurre la quantità di eccitazione nell’apparato psichico (principio di costanza). Il piacere deriva dalla riduzione della tensione, mentre il dispiacere è causato dal suo aumento.
Attivo – Passivo: questa antitesi non deve essere confusa con quella Io-soggetto / realtà esterna-oggetto. L’Io agisce passivamente quando accoglie stimoli dal mondo esterno e attivamente quando reagisce ad essi. Freud osserva che questa polarità si confonde progressivamente con l’opposizione maschile-femminile, che inizialmente non ha significato psicologico.
Freud conclude:
- «I moti pulsionali sono soggetti all’influsso delle tre grandi polarità che dominano la vita psichica. Di queste, la polarità “attività-passività” potrebbe esser indicata come polarità biologica, quella “Io – mondo esterno” come polarità reale, e infine quella “piacere – dispiacere” come polarità economica» (1915b, p. 35).
Conclusione
La complessa dinamica degli opposti esplorata da Jung e Freud offre una prospettiva profonda sulla natura della psiche umana, mettendo in luce come il conflitto interno, lungi dall’essere un limite, possa rappresentare una straordinaria opportunità di crescita. Mentre Jung sottolinea il potere trasformativo del simbolo e il movimento autoregolante della psiche verso il Sé, Freud evidenzia le tensioni pulsionali e i meccanismi di difesa che influenzano il nostro equilibrio interiore. Entrambi, seppur con approcci distinti, concordano sull’importanza di riconoscere e integrare le polarità che ci definiscono.Questo studio invita a riflettere su come l’accettazione consapevole dei nostri contrasti interni possa condurre a una sintesi creativa, trasformando le disarmonie in armonie superiori. Il simbolo, in questo processo, emerge come guida essenziale, capace di unire ciò che sembra inconciliabile e di condurre l’individuo verso una più profonda realizzazione personale. La comprensione e l’applicazione di questi concetti non solo arricchiscono il lavoro psicoterapeutico, ma offrono al clinico strumenti efficaci per realizzare insieme al paziente quei passaggi trasformativi necessari per la sua realizzazione personale.
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1 commento
Molto interessante.
Grazie.