La funzione della fantasia inconscia nelle credenze patogene: Susan Isaacs, Melanie Klein, Aaron Backs ed Albert Ellis
Susan Isaacs, Melanie Klein, Aaron Backs ed Albert Ellis sono stati quattro psicoanalisti che sono andati ad approfondire delle tematiche simili nonostante vivessero molto lontano tra di loro. Più o meno contemporanee Susan Ysaacs e Melania Klein vivevano in Inghilterra mentre Backs ed Ellis in America.
Rispettivamente svilupparono:
Susan Isaacs la natura e la funzione della fantasia in generale e delle fantasie inconsce, mentre la Klein introdusse i concetti di posizioni psichiche schizoparanoide e depressiva nello sviluppo infantile.
Pe quanto riguarda la teoria di Beck questa è oggi riconosciuta come la terapia cognitiva standard mentre la terapia di Ellis viene riconosciuta con il nome terapia razionale-emotiva.
Questi concetti sviluppati dai quattro autori sono molto complementari e ciò che li accomuna nasce dagli sforzi che tutti fecero per mettere in evidenza come le connotazioni inconsce di un individuo si potessero poi concretizzare in “idee”, “pensieri” o “credenze” più meno consapevoli (o inconsce) responsabili del personale modo di interpretare il mondo. Costruire, cioè, quella che in psicologia viene chiamata la personale “teoria della mente” ossia quell’idea privata che ogn’uno si fa della mente umana per dare spiegazioni sule origine delle emozioni, intenzioni e comportamenti di se stessi e degli altri. Possiamo immaginare che, quello di questi autori, sia stato un movimento ideativo, che partendo da dati dell’inconscio volevano mettere in luce ciò che poi a livello cognitivo e comportamentale accadeva nell’individuo. È ipotizzabile, vista la distanza, che gli autori americani e inglesi non si siano influenzati direttamente a causa della difficoltà di incontrarsi, è possibile anche che abbiano letto qualche pubblicazione che avevano scritto e ne abbiano tratto dei suggerimenti. In ogni caso sicuramente per approfondire gli aspetti, che si concretizzano nella vita reale originati dall’inconscio, abbiano risposto ad una esigenza comune. Il dato che abbiano portato avanti in parallelo delle idee complementari, nasceva dal fatto che probabilmente i tempi erano maturi per fare un indagine in questo senso. Inoltre era stato proprio Freud, che morto nel 1939 aveva espresso nei confronti dei suoi allievi la necessità per la psicoanalisi di studiare come gli aspetti inconsci avessero dei corrispettivi effetti sulle idee e sul pensiero e come questi dovessero essere esplorati. Anche da parte di Freud c’era l’esigenza di studiare quella dimensione cognitiva dell’individuo che aveva origine da contenuti pulsionali libidiche o aggressive. Questa esigenza, probabilmente venne avvertita dagli allievi di Freud e avvio degli studi che si conclusero con la formulazione di importanti concetti. Idee innovative che sono spesso entrate di diritto in molte differenti pratiche psicoterapeutiche anche di differenti approcci.
Bisogna ricordare che la Isaacs arrivo alle sue idee studiando i bambini e dunque in contesti spesso naturali e non patogeni. Mentre Beck intraprese i suoi studi partendo dall’osservazione dei suoi pazienti depressi. Pertanto la prima autrice individuò l’evoluzione precoce della psiche e da essa cercò di formulare delle idee innovative sul suo sviluppo e sulle implicazioni che questo potesse comportare nel trattamento sia dell’infanzia che nella vita adulta. Mentre Back coniò le sue idee grazie all’osservazioni dei pazienti depressi e su come, in loro, ci fossero certe comunanze nel modo di esprimere il loro stato. Infatti lui notò, che spesso i pazienti facessero proprie delle idee che finivano per alimentare il loro malessere. La sofferenza genera, secondo Beck, una serie di pensieri disadattivi che producono un effetto negativo sul comportamento. Inoltre. Anche lui in accordo con le idee della Isaacs osservò come eventi critici in età precoce fossero alla base dell’insorgenza di idee disfunzionali generate da pensieri che, nel lungo periodo, diventavano automatici.
Affine alla posizione di Beck è quella di Ellis (1962) che vede alla base della sofferenza dei pazienti la presenza di idee irrazionali, come per esempio quella di dover essere sempre amato e approvato da tutti per evitare l’eventualità di essere respinto da qualcuno.
L’innovativo approccio di Ellis scaturì dall’osservazione che la maggior parte dei pazienti incontrati nell’attività professionale avessero in comune la tendenza a sviluppare convinzioni rigide ed irrealistiche (irrational beliefs abbreviati in IB).
Sviluppò un metodo di lavoro psicoterapeutico attivo e direttivo per aiutare i pazienti a comprendere gli IB, ossia le convinzioni irrealistiche causa delle sofferenze. Con alcuni suoi pazienti lui usava anche un atteggiamento educativo invitandoli ad assumersi la responsabilità della propria vita emotiva, lavorando attivamente al cambiamento di tali convinzioni e dei comportamenti conseguenti, sia durante le sedute terapeutiche, sia a casa eseguendo i compiti
A metà degli anni ’60, Beck conobbe Albert Ellis e scoprì che aveva sviluppato una importante e affascinante teoria e una terapia pragmatica in cui si utilizzavano pensieri e emozioni in maniera diretta, il cui scopo finale era la disputa dei pensieri ritenuti disfunzionali. Così nacque per Beck un processo di sviluppo e integrazione di una nuova terapia, quella cognitiva. Le loro idee sono alla base di quello che nel cognitivismo verranno a definire le cosiddette «Credenze patogene»
Sia la terapia cognitiva di Beck che quella di Ellis considerano il disagio psichico il risultato di un modo irrazionale o distorto di elaborare le esperienze. Compito del terapeuta sarebbe quello di aiutare il paziente a analizzare il proprio stile di pensiero automatico diventando più consapevole delle proprie tendenze distorte e disfunzionali nell’intento di renderlo più realistico.
Ritornando alla Isaacs e al ruolo delle teorie di Melania Klein si può affermare che è grazia alle tesi della Isaacs che nella società psicoanalitica non si verificò una scissione tra i seguaci di Anna Freud e quelli della Klein.
Il saggio di Susan Isaacs “Natura e funzione della fantasia inconscia” fu presentato come relazione introduttiva alle successive esposizioni della Klein all’epoca delle “controversal discussion”, (gli incontri che la società psicoanalitica europea faceva per avvalorare nuovi costrutti teorici) come base necessaria per riconoscere la validità delle nuove teorie Kleiniane. Riccardo Steinerb è stato uno storico del movimento psicoanalitico e sottolinea quali eventi segnarono lo sviluppo del trattato di Susan Isaacs. Nella sua ricostruzione Steinerb afferma che il lavoro della Isaacs fu concepito come relazione di apertura delle Controversial Discussions tenute a Londra presso la British PsychoAnalytical Society tra il 1941 e il 1945. Si trattava di un tentativo di trovare soluzione al pesante clima di tensione ed ai conflitti che si erano generati in quegli anni all’interno della British Society a causa delle crescenti differenze che si andavano evidenziando, sia rispetto alla pratica clinica sia rispetto all’insegnamento della psicoanalisi, tra Melanie Klein, i suoi collaboratori e il gruppo che faceva capo ad Anna Freud. Le Discussions avevano lo scopo di chiarire le differenze teoriche e di tecnica fra le due scuole e la compatibilità, soprattutto delle tesi kleiniane, rispetto al pensiero di Freud. L’importanza di queste discussioni era dovuta dal fatto che in questi dibattiti si cercava di discutere sulle nuove teorie che, volta per volta, nascevano grazie al diffondersi della psicoanalisi e valutare se potessero entrare nell’impianto teorico psicoanalitico o sentenziarle come incompatibili.
In un articolo a parte verranno discusse le tesi delle due autrici in quanto meritevoli di un approfondimento maggiore.
Conclusione
Si possono considerare i quattro contributi degli autori trattati in precedenza (Susan Isaacs, Melanie Klein, Aaron Backs ed Albert Ellis) fondamentali nel lavoro in psicoterapia. Questo perché ci confrontano con dimensioni della personalità coesistenti, infatti alla luce di idee patogene ed irrazionali che si osservano nelle verbalizzazioni dei pazienti vi è un mondo di rappresentazioni fantasmatiche che ne sorreggono l’esistenza. Dunque possiamo affermare che un mondo in superficie ha un suo corrispettivo nell’inconscio nella profondità psichica. Un approccio psicoterapeutico che non tenga in considerazione entrambe queste dimensioni finisce per avviare trattamenti depauperati di una parte essenziale della natura umana. Cosa che in passato è accaduta nella storia della crisi psicoanalitica statunitense quando la pratica analitica cadde in un tecnicismo interpretativo. Mentre negli approcci più squisitamente cognitivi spesso si osservava che la sola analisi intellettuale delle problematiche rendeva l’individuo maggiormente a conoscenza delle modalità disfunzionali senza che si realizzasse una trasformazione a livello emotivo.
L’ideale di un approccio integrato mette in risalto la necessità di una comprensione del funzionamento profondo dell’individuo, delle sue angosce di base e dei suoi tipici meccanismi di difesa e delle aspettative di transfert. Leggere l’individuo in ottica psicoanalitica è fondamentale per comprendere cosa e come ragionare in termini di comunicazioni verbale e di postura relazionale.
Il terapeuta che comprende emotivamente la dimensione profonda dell’individuo permette un processo di cambiamento grazie alla possibilità di essere visto nella sua totalità come non era mai avvenuto in precedenza avviando un processo di rispecchiamento più realistico e maturo.
Se ciò accade è possibile instaurare una relazione arricchente per entrambi e potenzialmente emozionalmente correttiva.
Nancy McWilliams a questo proposito sottolinea l’importanza della diagnosi psicodinamica quando si riceve una richiesta di aiuto e si intende lavorare sui sintomi e sul malessere.
Infatti lei ribadisce come a prescindere dall’approccio che adottiamo è necessario comprendere degli aspetti della profondità psichica dell’individuo.
In estrema sintesi possiamo schematicamente riassumere il motivo per cui lei sostiene la necessità di fare un’analisi in questi termini:
Per la McWilliams la diagnosi psicodinamica è importante perché:
- È utile nella pianificazione del trattamento (dovrei capire quanto prima se davanti a me ho uno psicotico, un nevrotico o un borderline…) (e quindi cosa propongo: psicoterapia a due sedute? Sostegno? Analisi? Fornisce informazioni implicite sulla prognosi (es paziente antisociale!)
- Aiuta il terapeuta a comunicare empatia (se è capace di farlo con tatto e per cominciare un lavoro di relazione, senza dare etichette e senza usare termini tecnici “alienanti” o intellettualizzanti, che di solito vengono usate solo per far sentire il terapeuta più sicuro o darsi un ruolo…
- Riduce la possibilità che il trattamento sia abbandonato se il paziente non capisce bene cosa aspettarsi
Pertanto possiamo affermare che i quattro autori Susan Isaacs, Melanie Klein, Aaron Backs ed Albert Ellis possono darci validi suggerimenti sugli aspetti della profondità della psiche e di come questa, poi, prende forma nelle vicissitudini della vita. Aspetti profondi e aspetti più superficiali che si intrecciano e si determinano reciprocamente. Pertanto è inevitabile che un progetto di cura deve tenere in considerazione tutte queste dimensioni dell’individuo affinché ci siano delle buone premesse per una possibile guarigione dai sintomi e dai disturbi emotivi.
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