“L’ AREA AUTONOMA DELL’IO LIBERA DA CONFLITTI” di Heinz Hartmann
Secondo Hartmann non tutto l’apparato dell’Io origina interamente dal conflitto, ma una sua parte, specialmente le funzioni cognitive apparterrebero ad “area autonoma dell’Io libera da conflitti”, egli sosteneva, diversamente da Freud, che questa è innata e autonoma dalle pulsioni dell’Es. Questa sua teorizzazione venne considerata la prima grande correzione nella storia della teoria psicoanalitica da Eaglea (Eagle, 1992), in quanto nata all’interno della tradizione psicoanalitica ortodossa. Hartmann dal 1951 al 1957 fu presidente dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale ed è, oggi, considerato il fondatore della scuola della Psicologia dell’Io. Lo studio di questa dimensione della psiche (l’Io) gli permise di portare l’analisi più vicina al traguardo fissato da Freud e cioè quello di far diventare la psicoanalisi una psicologia generale.
Freud sosteneva che l’origine delle capacità di pensiero (e dunque dell’io) derivassero dal conflitto tra i desideri dell’es e gli ostacoli posti dalla realtà, come una entità mediatrice a fine adattativo. Negli anni 1930 questa concezione psicoanalitica fu criticata e rivista da Hartmann (1937) a favore di una impostazione per cui l’Io veniva considerato un’istanza già presente alla nascita. Questa dimensione psichica sarebbe all’origine delle diverse abilità cognitive e del pensiero che, in seguito, si perfezioneranno con la crescita; parliamo delle abilità quali percezioni, sensazioni, memoria, cognizioni ecc.. Questo significa che è da questa parte dell’io che emergerebbe la possibilità di riflettere su di sé, di disi-identificarsi dalle emozioni, dalle circostanze, dal passato e potersi guardare dall’alto come se si osservasse un estraneo. Alcuni autori usano il termine “essere oggetto a se stessi” per definire questa modalità di osservazione disincarnata. In una psicoterapia di tipo psicoanalitico, di solito, questa è la funzione che viene promossa affinché la persona possa sviluppare una nuova visione della sua storia, più accurata, dettagliata e dotata di maggior senso. Questa nuova modalità di auto-osservarsi serve, in definitiva, a migliorare le proprie relazioni affettive e a evitare di finire negli stessi scenari relazionali. Le coazioni a ripetere, i copioni relazionali, gli schemi di comportamento, i complessi sono quei concetti che, in vari ambiti, gli autori hanno espresso per evidenziare la “ripetitività” delle vicende umane. Sembrerebbero quasi dei loop diabolici, nei confronti dei quali, gli individui vivono nel loro privato inferno personale.
Comprendere da dove derivano queste circostanze, facendo una ricognizione delle situazioni vissute è un ambito di questa capacità dell’”Io libera” da frustrazioni. Una possibilità di estraniarsi per guardare con gli occhi dell’altro il mondo è quella funzione che in psicoterapia psicoanalitica spesso si cerca di sviluppare. Affinché si possa avviare un processo di cambiamento sano nella psiche di un paziente è importante promuovere “nuove modalità più sagge di essere”. Una terapia efficace è quella che produce un cambiamento in questo senso, ma questo, di solito, è l’esito di un lungo percorso terapeutico.
È dunque così come lo psicoanalista Paolo Migone nei suoi scritti sottolinea lo psicoterapeuta si allea con questa dimensione riflessiva autonoma da conflitti. E aggiunge che questa “autonomia dell’Io poi può essere non solo primaria ma anche secondaria, cioè certe funzioni dell’Io, originariamente nate dal conflitto, (e dunque secondarie, emergenti dopo le reazioni spontanee) possono autonomizzarsi, cioè certe funzioni cognitive diventano relativamente stabili (Migone, 1995).” Da questa stabilità può derivare la salute dell’individuo, in quanto, una volta sostando per più tempo in questa condizione non conflittuale l’emotività si placa, la persona si rilassa e diviene meno preda di emozioni violente.
Approfondendo e ritornando sulla relazione tra l’io e l’es secondo Freud lui sosteneva che l’origine della capacità di pensiero, cioè tutte le funzioni dell’io derivassero dopo la nascita dal conflitto tra i desideri dell’es e gli ostacoli posti dalla realtà. L’io sorgerebbe come un’istanza adattativa in reazione alla pulsione autoconservativa. Negli anni 1930 questa concezione psicoanalitica fu criticata e rivista da Hartmann (1937) che operò la prima revisione del pensiero psicoanalitico (Eagle, 1992) dall’interno.
In particolare Freud sosteneva l’idea che “in principio era l’Es” poi da questa dimensione psichica derivava l’Io e in seguito il Super-io. Freud diceva che il bambino nasce preda di impulsi ribollenti che cercano una gratificazione, non potendo gratificarli (dato che la realtà veniva concepita da Freud come essenzialmente frustrante, nel senso che l’oggetto come il seno materno non è sempre a disposizione) il bambino “allucina” l’oggetto esterno, cioè lo rappresenta dentro di sé per potersi così gratificare almeno nella fantasia e momentaneamente calmarsi. In questo suo modo di intendere la psiche lui individua in essa una sua funzione creativa, capace di creare immagini o fantasmi (Winnicott svilupperà ulteriormente questo concetto parlando dell’oggetto transizionale). Questa sorta di interiorizzazione della realtà esterna per Freud costituiva l’inizio del processo di formazione del pensiero (dell’Io). Pertanto l’apparato cognitivo che ha come sede di azione l’Io originarrebbe da uno stato di frustrazione dell’Es in contrapposizione alla realtà esterna. Come scrive Migone,(1995) secondo Freud a quel punto per un processo di “internalizzazione” della realtà emergerebbero l’Io con tutte le sue capacità di rappresentazionali costruendo il primo abbozzo di pensiero . Per Freud dunque “il pensiero non è altro che il surrogato del desiderio allucinatorio”, così si pronunciò Freud, nel 1899, (p. 551) ,( Migone, 1995, pp. 96-97). Questa idea dell’origine conflittuale della nascita dell’Io e delle facoltà del pensiero fù in seguito abbandonata dai contemporanei, che hanno sottolineato come le facoltà riflessive spesso necessitino di una condizione di calma e di dis-identificazione da parte degli individui con le emozioni. Per fare una ricognizione di quello che si sta vivendo, e delle emozioni che si stanno subendo, di solito è necessario operare un distanziamento dai turbamenti emotivi. Una delle funzioni che molte psicoterapie cercano di promuovere è quella di rendere la stanza di consultazione una specie di area protetta dove il paziente debba sentirsi nella condizione di aprirsi e confidarsi. Questa idea nasce dalla constatazione che quando il cuore si placa le funzioni dell’io di esplorazione di sè migliorano uscendo da una condizione difensiva.
E’ intuitivo pensare che quando il cuore si placa e si ritorna alla normale attivazione è possibile fare affidamento a quelle qualità della psiche che nascono con l’intento di essere più neutrali e dare una visione più lucida di noi stessi e del mondo.
Bibliografia
Eagle M.N. (1984). Recent Developments in Psychoanalysis. A Critical Evaluation. New York: McGraw-Hill (ristampa: Cambridge, MA: Harvard Univ. Press, 1987) (trad. it.: La psicoanalisi contemporanea. Bari: Laterza, 1988). Edizione su Internet del cap. 11 (ed. or. cap. 12): “Carenze di sviluppo e conflitto dinamico”: http://www.psychiatryonline.it/ital/documig8.htm.
Eagle M.N. (1987). The psychoanalytic and the cognitive unconscious. In: Stern R., editor, Theories of the Unconscious and Theories of the Self. Hillsdale, NJ: Analytic Press, 1987, pp. 155-189 (trad. it.: L’inconscio psicoanalitico e l’inconscio cognitivo. In: Conte M. & Gennaro A., a cura di, Inconscio e processi cognitivi. Bologna: Il Mulino, 1989, pp. 33-73).
Eagle M.N. (1992). La natura del cambiamento teorico in psicoanalisi. Psicoterapia e Scienze Umane, XXVI, 3: 5-33 (trad. inglese: The dynamics of theory change in Psychoanalysis. In: J. Earman, A. Janis, G. Massey & N. Rescher, editors, Philosophical Problems of the Internal and External Worlds: Essays on the Philosophy of Adolf Grunbaum. Pittsburgh, PA: University of Pittsburgh, 1993, pp. 373-408).
Hartmann H. (1937). Ich-Psychologie und Anpassungsproblem. Internationale Zeitschr für Psychoanalyse, 1939, 24: 62-135 (trad. ingl.: Ego Psychology and the Problem of Adaptation. New York: Int. Univ. Press, 1958; trad. it.: Psicologia dell’Io e problema dell’adattamento. Torino: Boringhieri, 1966).
Migone P. (1995) Terapia psicoanalitica, pp 96.97. Franco Angeli.
Sitografia
https://www.psychomedia.it/pm/modther/probpsiter/ruoloter/rt105-07.htm