Perché parlare da soli può fare bene all’anima? Chi non ha fatto l’esperienza di parlare tra sé e sé e di ridere un po’ di se stessi per il fatto di stare lì a parlare da soli? E come questo ci può far capire cosa sono le psicosi, le nevrosi e i disturbi di personalità’?
In realtà questo comportamento, che può nascere spontaneo, mette in evidenza un aspetto importantissimo dell’essere umano. Per quanto un individuo può pensare di essere solo non lo è mai, questo perché, volente o nolente, la mente di chiunque è popolata dalle impressioni, tracce emotive, domande e riflessioni che gli altri ci hanno prodotto parlando con noi.
Se prendiamo una monetina e la osserviamo, possiamo notare come questa abbia due facce, di solito una è testa e l’altra è croce, quando guardiamo una faccia l’altra ci rimane nascosta.
Se paragoniamo la monetina all’individuo possiamo dire che esistono nella persona degli aspetti più in luce e immediati, e degli aspetti invece che sono in ombra che rappresentano l’altro lato della medaglia.
L’espetto esterno che la persona mostra di sé è uno dei lati della medaglia. Questo lato esterno in psicologia viene comunemente chiamato carattere, personalità o anche maschera. L’aspetto esterno è ciò che la gente mostra agli altri circa il proprio modo di apparire, e di solito è legato a ciò che un individuo vorrebbe essere, e desidera che gli altri pensino di lui.
Questo modo di comportarsi già ci dice molto sul fatto di non essere mai soli, perché l’agire, per quando noi possiamo pensare che nasce da una libera scelta, in realtà è condizionato dall’idea che vogliamo che gli altri abbiano di noi.
Dunque dietro l’idea di presentarsi nel mondo c’è da un lato la persona con il suo biglietto da visita e dall’altro quell’interlocutore nascosto che dà direzione al come farlo.
Facciamo un esempio, se una persona mette una informazione su una pagina social sul suo conto, magari le foto che ha fatto in un bel viaggio, mediterà circa i possibili effetti che questo potrà suscitare sui suoi amici. Penserà per esempio, che qualcuno potrà essere invidioso, che qualcun’altro sarà contento di sapere che è stato bene, mentre altri potranno non mostrare interesse. Anche in questo caso è evidente quanto la nostra mente è popolata, quante rappresentazioni di differenti personalità ci sono contenute.
Molti psicologi infatti per spiegare questo mondo parallelo nell’immaginario, e dunque questa capacità delle mente di essere creativa e di costruire scenari, ambientazioni, dialoghi, fantasie parla appunto di mondo interno.
Di conseguenza come possiamo pensare di essere liberi di scegliere?
La nostra mente in realtà spesso è troppo affollata, vi albergano in continuazione informazioni date in tv, attraverso il telefono, provocate dalle relazioni lavorative o dai famigliari.
Ma come si formano questi interlocutori interni che spesso occupano i nostri pensieri e che a volte sono anche altamente condizionanti?
Tutti questi dialoghi che avvengono nella nostra mente sono l’espressione dell’interiorizzazione di relazioni.
Che significa?
Significa che la psiche ha una capacità creativa che è quella di osservare una persona nella sua fisionomia, e dopo che ci entra in relazione, in base all’idea che si è fatta le dà un’anima. Alcuni autori della corrente junghiana addirittura affermano che queste entità abbiano una loro autonomia si materializzano nei sogni, albergano nella nostra ombra e condizionano la nostra esistenza.
Ritornando alle persone che hanno avuto un peso nella nostra esistenza queste cominciano a popolare la nostra mente e noi iniziamo a comunicare con loro anche in loro assenza. Cominciamo a pensare a cosa direbbero, quali potrebbero essere i loro pareri e quali sarebbero le loro reazioni a certi nostri comportamenti. Tra l’altro questa operazione è velocissima ed è in questo modo che avviene che un nuovo conoscente entra in quella dimensione dell’interiorità, la dimensione del mondo interno.
Le relazioni lasciano delle tracce mnestiche nell’interiorità e questa si popola di quasi tutte le persone che abbiamo conosciuto. In questo modo possiamo fare previsioni circa il comportamento altrui. Grazie a questa funzione psichica una persona con facilità potrà immaginarsi cosa gli potrà dire Caio o ribadire Sembronio.
Anche la solitudine è un luogo popolato da molti personaggi. Chi vive il sentimento di sentirsi solo, di solito vive la mancanza di qualcuno in particolare. Spesso accade che la solitudine non è solo la mancanza della presenza fisica di una persona, ma è la malinconia causata dell’assenza di un caro in particolare.
Nel profondo dell’interiorità è come se accanto al “mi sento solo” c’è “perché tu non ci sei” o “perché mi trascuri?” E dunque la solitudine diventa il luogo della mancanza di con quel caro che è nell’ombra nella nostra coscienza.
In psicologia si è riscontrato che, chi soffre di solitudine, spesso ha avuto relazioni di trascuratezza nel passato. Per cui se si va a guardare a ritroso si scoprono rapporti con persone emotivamente assenti e noncuranti dei sentimenti degli altri.
Inoltre è importante sottolineare che queste relazioni costruiscono l’immagine che un individuo si fa’ dell’altro (in psicologia questo si chiama transfert), e da questa idea dipenderà il suo comportamenti nei confronti di chi lo circonda.
La rappresentazione dell’altro non è unica, ma è variegata e complessa, nella mente ci saranno rappresentazioni diverse per diverse tipologie di persone, per esempio possiamo avere rappresentazioni di infanti, ragazzi, adulti, donne, anziani ecc..
L’altro può avere molteplici caratteristiche e quando si incontra una persona nuova la mente immediatamente l’associa a una categoria.
Per esempio quando si incontra una persona anziana, si può avere un atteggiamento di reverenza e di rispetto, magari si alza il tono della voce pensando che non senta bene. Questo processo è conosciuto come transfert. Un contenuto mentale viene trasferito su una persona presente (un anziano) ancora prima che questo possa parlare.
Ma come si formano questi contenuti mentali? E che centrano con le psicosi, le nevrosi e i disturbi di personalità?
Il legame riguarda appunto i meccanismi di transfer; le idee che si sono formate in noi circa gli altri possono alle volte farci prendere delle cantonate. Si immagina una persona in un certo modo poi scopriamo che è tutta l’opposto.
Prendiamo per esempio il vecchietto di cui sopra. Lo vediamo seduto e quasi appisolato, magari pensando che non senta bene, gli rivolgiamo la parola alzando il tono della voce. Così lui con educazione, ci invita ad abbassare la voce perché sente bene, e dopo aver riposto il suo libro si va a fare una corsetta. I meccanismi di transfer inducono ad avere degli atteggiamenti nei confronti degli altri in funzione delle esperienze che abbiamo fatto in precedenza. Quando una persona è ben presente nella realtà adatterà il suo comportamento in funzione delle nuove informazioni e cambierà il suo comportamento in funzione di questa. Nel caso del vecchietto di cui sopra, negli incontri successivi cambierà atteggiamento e lo tratterà da persona avanti con l’età ma attiva.
Questa capacità di mettere in discussione delle idee pregresse non è da tutti.
Molti individui rimangono intrappolati dalle proprie rappresentazioni o dai propri pregiudizi. In questo caso i meccanismi di transfert una volta attivati non lasciano spazio a rimaneggiamenti. Alcune persone rimangono rigidamente ancorate alla prima impressione, non la mettono in discussione e davanti a dati che confutano le proprie opinioni li negano. Questo crea una separazione tra ciò che è oggettivo e ciò che è soggettivo. Una persona di questo tipo, se incontrasse l’anziano di cui sopra, non cambierebbe comportamento, non abbasserebbe il tono della voce nonostante costui mostrasse di essere una persona in forma rispetto all’età.
Quando la mente non è più elastica e non riesce a integrare in sé le nuove informazioni provenienti dalla realtà si comincia a creare una barriera tra il mondo esterno (e i dati di realtà) con il mondo interno da cui derivano i meccanismi di transfert.
Ciò che succede fuori diventa sempre meno osservabile e non può essere preso in considerazione.
Questa separazione tra la realtà e le capacità di una persona di percepirla può diventare così importante da sfociare nell’incapacità di un individuo di tenere in considerazione informazioni vitali per la sua esistenza. L’estremo di questa condizione avviene nella psicosi, quando l’individuo comincia a delirare.
Questa situazione può accadere a causa di eventi critici, e dunque quando il mondo fuori per qualche motivo comincia a essere percepito dalla psiche come minaccioso. Questo senso di pericolo fa attivare dei meccanismi di difesa, e appunto delle barriere per proteggere l’individuo dalla possibile minaccia. Il prezzo di questo processo è la perdita della visione chiara dell’esperienza che si sta vivendo e dell’esame di realtà.
Gli esperti ritengono che queste barriere sono il risultato dell’attivazione di meccanismi di difesa che servono a salvaguardare l’individuo da un carico d’angoscia molto elevato.
In questo modo si crea un filtro tra le informazioni provenienti dal mondo esterno, (cioè il mondo reale tangibile) e il mondo interno, (e dunque il mondo delle rappresentazioni interne), che fa entrare le informazioni in modo alterato ma abbastanza accettabile per le risorse della persona..
Dunque può succedere che le informazioni del mondo reale passino deformate all’interno della psiche di un individuo per effetto di alcuni meccanismi di difesa.
Ma quanto i meccanismi di difesa possono interferire e deformare le informazioni in entrata di un esperienza in un individui?
In genere succede che ogni individuo ha una sua capacità di sopportazione delle frustrazioni e i meccanismi di difesa si attivano in funzione di questo termometro personale. Ci sono persone che riescono a sopportare alti livelli di stress e altri meno, comunque ogni individuo ha un suo tallone di Achille.
Può accadere che l’attivazione di meccanismi di difesa possano compromettere la capacità della persona di comprendere il contesto in cui si trova e l’appropriato comportamento. Questa condizione può interferire con l’adattamento alla vita sociale o lavorativa e nuocere anche le relazioni sentimentali. Questa incapacità, di percepire in maniera abbastanza veritiera ciò che accade intorno può comportare un serio problema. La persona può fare fatica ad adattarsi ai continui cambiamenti che avvengono nella vita sino a sviluppare dei sintomi.
A causa alle sue modalità deformanti di definire ciò che la circonda può non riuscire a tenersi un lavoro o mantenere una relazione significativa.
Questo può portare nel lungo tempo gravi stati di sofferenza.
Possono emergere sensazioni d’ansia, di paura, di rabbia, si possono sviluppare diffidenze e comportamenti ostili nei confronti delle persone che ci circondano.
Questi stati emotivi possono accadere un po’ a tutti nella vita in fasi difficili, ma quando l’individuo è abbastanza sano dopo un lasso di tempo possono rientrare e le situazioni si ridimensionano.
Altre volte invece succede che lo stato di crisi permanga a lungo, e i sintomi continuino per molti mesi o per anni, in questo caso è possibile che si vada a sviluppare un disturbo di natura psichico.
In psicologia si distinguono diversi tipi di disturbi e in base al livello di aderenza alla realtà che un individuo può mantenere. In base a questo si distinguono in tre grosse categorie, possiamo soffrire di disturbi nevrotici, disturbi della personalità e psicotici.
Maggiore sarà l’incapacità di prendere atto di ciò che ci circonda e più gravi saranno i sintomi manifestati.
Il massimo della gravità la si osserva nella psicosi, in questa psicopatologia il distacco dalla realtà è elevata e si può manifestare con deliri e allucinazioni. Negli stati gravi la persona perde la capacità di percepire il mondo esterno, e al suo posto ne costruisce uno in cui può vedere persone immaginarie che in realtà non esistono.
A metà strada si inseriscono i disturbi di personalità, in questo caso l’esame di realtà è intatto, la persona percepisce la realtà per quella che è, ma ad essere alterato è il senso che ne da’. Per esempio, nel disturbo di personalità paranoide la persona dubita sempre degli altri, ed è convinta che gli altri gli vorranno fare del male. Confrontato con l’assurdità delle sue convinzioni penserà che anche chi gli sta dicendo questo ha un secondo fine.
Guarderà con diffidenza qualsiasi comportamento altrui e rigetterà aspramente la possibilità di spiegazioni diverse dalla sua. Un disturbo di personalità si può diagnosticare se uno stesso modo di vedere il mondo è radicato, si perpetua per anni ed è l’unico possibile. Ci sono diversi tipi di disturbi di personalità e hanno un nome diverso in base al comportamento messo in atto.
Meno gravi dal punto di vista della capacità di riconoscere la realtà, e le intenzioni degli altri sono le nevrosi. Gli individui che soffrono di sintomi nevrotici possono vivere ansia, depressione, stati di rabbia e alterazione dell’umore ma la causa del loro stare male di solito è il vivere dei conflitti interni. La persona che soffre di una condizione nevrotica attribuisce la sua sofferenza alla mancata soddisfazione dei suoi desideri. Il nevrotico ha un mondo interno in cui albergano i suoi sogni, quando questi vengono frustrati e non si realizzano nella sua vita questa condizione può comportare una profonda sofferenza.
Un esempio può essere una donna che desidera la maternità, nel suo immaginario sogna di fare la madre ma nella realtà non riesce a trovare un partner prima che sia troppo tardi.
Di solito il nevrotico si dà la colpa di ciò che accade, in questo caso la donna potrà sentirsi inadeguata e non sentirsi amabile o piacente per avere un uomo. Attribuirà la colpa a sè stessa e potrà vivere sentimenti di invidia per chi ha una famiglia.
Nella mente di questa persona potrà echeggiare un interlocutore interno che le dice che è una fallita e che non ha fatto nulla di buono nella sua vita.
Nella mente di una persona nevrotica possono albergare le voci di genitori interiorizzati giudicanti e pretenziosi. Anche da adulta questa persona può continuare a sentire il peso delle richieste che i suoi genitori le rivolgevano da ragazza.
Il nostro mondo interno è popolato da tutti coloro con cui ci siamo relazionati. Spesso ci vengono alla mente e ci relazioniamo con persone che sono armai morte da anni senza nemmeno accorgercene.
Nei sogni in continuazione queste rappresentazioni ci fanno visita. Ci sono personaggi verso cui proviamo piacere a incontrare e altri che ci producono dolore e questo dipende da come si comportavano con noi.
Parlare da soli o tra sé e sé anche se può sembrare strano non è un comportamento da sottovalutare. Spesso è una modalità sana che la mente attua per portare alla luce ciò che è nell’ombra. Quando una persona si accorge che borbotta, e parla da sola dovrebbe pensare che forse sta facendo una cosa buona per se stessa. Invece di bloccare il processo che si è attivato, per una volta, dovrebbe permettersi di lasciarlo fruire e vedere dove la porta.
In questo modo forse scoprirebbe delle cose di sé importanti. Il colloquiare con le rappresentazioni interne che ci popolano è un dare ascolto alla parte più profonda di noi e verso cui troppo spesso si voltano le spalle.
Dare voce alle diverse parti che compongono il nostro mondo interiore è dare luce a ciò che è nascosto nell’ombra nella nostra interiorità che spesso è la fonte della sofferenza. In psicoterapia spesso questo processo è promosso proprio perché apre la strada allo scarico di quelle emozioni di dolore che troppo spesso vengono apparentemente dimenticate ma che in realtà oscurano il proprio cuore.
Grazie dell’attenzione
Psicologa, Psicoterapeuta
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Studio in: corso Gramsci 133, Palagianello (Ta)
tel 3201987812 email: giuliadecarlo@hotmail.com