Il sogno è da sempre un enigma che affascina l’essere umano. Nell’ambito della psicologia, Freud e Jung hanno dato interpretazioni molto diverse a questo fenomeno. Sigmund Freud (1900/1953) sosteneva che il sogno fosse una forma di appagamento simbolico di desideri rimossi, una sorta di compromesso tra il nostro inconscio e la censura della coscienza. Questa visione, seppur rivoluzionaria per il suo tempo, appariva a Carl Gustav Jung (1964/1980) troppo limitata e riduttiva. Jung percepiva il sogno non solo come una valvola di sfogo per desideri repressi, ma come un processo attivo, dotato di una propria intelligenza, capace di guidare l’individuo verso una maggiore consapevolezza di sé. Secondo lui, i sogni non erano semplici fantasie, ma messaggi profondi provenienti dall’inconscio, espressioni simboliche di un percorso interiore più ampio. Questa prospettiva è stata ulteriormente sviluppata da Marie-Louise von Franz (1987), collaboratrice di Jung e coautrice del libro L’uomo e i suoi simboli (Jung et al., 1964). Von Franz sottolinea che se si osservano i sogni nel lungo periodo, questi sembrano mostrare una logica sottostante e perseguire lo stesso fine. Si delinea, di conseguenza, un andamento non regolare, così come sono i processi di crescita dell’individuo, fatto di apparenti avanzamenti e regressioni derivanti da una sorta di forza regolatrice che guida il soggetto. Secondo questa visione, i sogni agiscono come bussola, orientando la psiche verso il proprio sviluppo naturale. È proprio attraverso il linguaggio simbolico dei sogni che si manifesta quella che Jung (1953/1980) definì “pulsione di individuazione”, ovvero la spinta innata a diventare ciò che realmente siamo. Ogni sogno, dunque, non è un evento isolato, ma parte di una trama più ampia, un filo conduttore che, se seguito e compreso, può rivelare il cammino che l’individuo è chiamato a percorrere. L’analisi della vita onirica nella sua totalità permette di cogliere il progetto nascosto della psiche, aiutando la persona a integrare parti di sé ancora sconosciute. Jung e von Franz sottolineano che il lavoro con i sogni non è solo un esercizio intellettuale, ma un’esperienza trasformativa. I sogni, infatti, non offrono solo spiegazioni, ma agiscono in modo profondo, portando intuizioni, immagini ed emozioni che possono modificare la nostra percezione della realtà e del nostro stesso essere (von Franz, 1987). Il fine ultimo della vita onirica, dunque, non è semplicemente risolvere conflitti interiori o interpretare simboli, ma favorire un processo di crescita e integrazione. Attraverso i sogni, l’inconscio offre continuamente segnali e suggerimenti su ciò che ci manca per sentirci più completi, aiutandoci a colmare le lacune della nostra personalità e a realizzare il nostro vero potenziale (Jung, 1961/1989). Il sogno non è solo un’illusione notturna o un frammento della nostra immaginazione. È un ponte tra il conscio e l’inconscio, una guida silenziosa che ci accompagna nel percorso della nostra individuazione. Come diceva Jung, “il sogno è la voce naturale della psiche, e più cerchiamo di ascoltarla, più ci avviciniamo alla nostra verità interiore” (Jung, 1964/1980, p. 40).
Un cambiamento di prospettiva: la nuova tecnica di Jung per l’interpretazione dei sogni.
Carl Gustav Jung, nel corso della sua elaborazione teorica, si distaccò progressivamente dall’impostazione freudiana dell’interpretazione dei sogni. Se Freud (1900/1953) considerava il sogno come un punto di partenza per un processo di libera associazione, volto a rivelare complessi inconsci attraverso una catena di idee apparentemente casuali, Jung (1961/1989) sviluppò un approccio che enfatizzava la struttura e il significato autonomo del sogno stesso. Questa evoluzione metodologica fu strettamente connessa a uno dei concetti chiave della sua psicologia: la circumambulazione, ovvero il processo mediante il quale la psiche si avvicina progressivamente a un nucleo centrale di significato, passando attraverso molteplici prospettive simboliche (Jung, 1953/1980). Jung riconobbe che i sogni possiedono una loro coerenza interna e non devono essere ridotti a semplici tracce di complessi inconsci. In questa nuova prospettiva, il sogno non è un mero veicolo per l’emersione di contenuti rimossi, ma un linguaggio simbolico dotato di una funzione specifica nel processo di individuazione. Jung paragonò il metodo di esplorazione del sogno a quello di un oggetto sconosciuto che deve essere girato e osservato da ogni angolazione per essere compreso nella sua essenza (Jung, 1964/1980). La circumambulazione è essenziale nel processo di integrazione degli opposti, principio cardine della psicologia junghiana. L’inconscio manifesta contenuti che spesso risultano antitetici rispetto alla coscienza vigile. Per esempio, un individuo con una forte identificazione con il proprio ruolo sociale potrebbe sognare immagini di ribellione o di caos, rappresentazioni simboliche di un Sé più autentico che cerca di emergere (Jung, 1953/1980). L’approccio junghiano pone enfasi sul valore simbolico del sogno e sulla necessità di comprenderlo come un tutto organico, piuttosto che come un insieme di elementi frammentati. Ogni immagine onirica è parte di un dialogo tra conscio e inconscio, in cui la psiche elabora attivamente il proprio equilibrio interno (von Franz, 1987). Alla luce di queste osservazioni, vediamo come Freud vedeva il sogno come un’espressione di desideri rimossi, da analizzare attraverso la libera associazione, mentre Jung lo considerava un fenomeno autonomo e teleologico, finalizzato all’integrazione della personalità (Jung, 1964/1980).
Jung pertanto sperimenta un metodo innovativo che ha sviluppato per l’interpretazione dei sogni, distinguendosi nettamente dall’approccio freudiano. Il punto di partenza della sua riflessione è la natura stessa del sogno: mentre una narrazione conscia segue una struttura lineare con un inizio, uno sviluppo e una conclusione, il sogno non rispetta questa sequenza logica. Le sue dimensioni spaziali e temporali sono fluide e non rispondono alle leggi della razionalità vigile. Questo approccio è radicalmente diverso dalla tecnica freudiana della libera associazione, che si concentra sul lasciar emergere liberamente le connessioni dell’inconscio a partire da un elemento onirico. Freud considerava il sogno una formazione derivata dal rimosso e lo analizzava come un enigma da decifrare, traducendolo nei termini della storia personale del sognatore e delle sue pulsioni inconsce. Jung, invece, vuole restare quanto più possibile vicino al sogno stesso, senza farsi distrarre da associazioni soggettive che potrebbero allontanare dalla sua essenza. Per lui, il sogno non è solo l’espressione di desideri repressi, ma un messaggio dell’inconscio con una funzione compensativa e orientativa. Questo significa che i sogni non si limitano a esprimere conflitti passati, ma forniscono indicazioni per il futuro sviluppo della personalità. Questo cambiamento di prospettiva segnò una svolta nella psicologia del profondo, portando Jung a sviluppare un metodo che, attraverso la circumambulazione e l’analisi simbolica, permettesse di cogliere il significato evolutivo dei sogni e il loro ruolo nel processo di trasformazione psichica.
In questo passo Jung spiega la sua visione Jung:
“Freud attribuì una particolare importanza ai sogni, considerandoli come il punto di partenza di un processo di «libera associazione». Tuttavia, dopo un po’ di tempo, cominciai a rendermi conto che questa era una utilizzazione erronea e inadeguata delle ricche fantasie che l’inconscio produce durante il sonno. Cominciai ad avere dei dubbi quando un collega mi disse di un’esperienza che egli aveva avuto durante un lungo viaggio in treno fatto in Russia. Benché egli non conoscesse la lingua e non sapesse neppure decifrare la scrittura cirillica, si trovò a fantasticare sulle strane lettere in cui erano scritti gli avvisi ferroviari e piombò in una “rêverie” durante la quale egli immaginava ogni sorta di significati. Passando spontaneamente da un’idea all’altra, in questo stato d’animo rilassato, egli si accorse che questo tipo di «libera associazione» gli aveva ridestato molti vecchi ricordi. Fra questi egli trovò con disappunto alcuni avvenimenti da lungo tempo sepolti nella memoria: tutte cose che aveva voluto dimenticare e che di fatto aveva dimenticato “consciamente”. Egli era arrivato a ciò che gli psicologi chiamano «complessi», cioè a temi emotivamente rimossi, che possono provocare continui disturbi psicologici e, in molti casi, persino i sintomi di una nevrosi. Questo episodio mi rivelò che non era necessario usare il sogno come punto di partenza del processo di «libera associazione» per scoprire i complessi di un paziente. Esso mi dimostrò che si può arrivare al centro partendo da qualsiasi punto della circonferenza. Si poteva partire da alcune lettere cirilliche, da meditazioni su una sfera di cristallo, una «ruota di preghiera» o un dipinto moderno o anche prendendo le mosse da una conversazione casuale su qualche banale avvenimento. In questo senso il sogno non era più utile di qualsiasi altro possibile punto di partenza. Tuttavia, i sogni hanno un significato particolare, sebbene nascano spesso da un turbamento emotivo in cui sono coinvolti anche i complessi abituali. (I complessi abituali sono i punti deboli della psiche che reagiscono nel modo più rapido a uno stimolo esterno o a un disturbo.) E’ per questo motivo che la libera associazione può condurre dai sogni, qualunque essi siano, al segreto profondo dei pensieri. A questo punto, tuttavia, riflettei che, se ero nel giusto, si poteva ragionevolmente dedurre che i sogni avessero qualche funzione speciale e più significativa. Molto spesso i sogni hanno una struttura definita, evidentemente intenzionale, che esprime un’idea recondita o un’intenzione, benché quest’ultima, di regola, non sia immediatamente comprensibile. Cominciai perciò a riflettere sull’opportunità di prestare una maggiore attenzione alla forma e al contenuto attuali del sogno, piuttosto che permettere alla «libera» associazione di sviarci, attraverso una catena di idee, verso i complessi che potevano essere facilmente raggiunti con altri mezzi. Questa riflessione segnò un momento decisivo nello sviluppo della mia psicologia. Ciò significava che gradualmente io mi venivo distaccando dalle associazioni concatenate ritenendo che esse fuorviassero dal contesto del sogno. Io preferivo concentrarmi sul sogno piuttosto che sulle associazioni, ritenendo che il primo esprimesse qualcosa di specifico che l’inconscio tentava di manifestare. Cambiando la mia interpretazione dei sogni dovetti cambiare anche il metodo: la nuova tecnica da me elaborata poteva prendere in considerazione tutti i vari aspetti del sogno. Una storia narrata dalla mente conscia ha un suo inizio, uno sviluppo e una conclusione, mentre la stessa cosa non è vera per il sogno. Le sue dimensioni spaziali e temporali sono assai diverse: per comprenderlo dobbiamo esaminarlo in tutti i suoi aspetti, così come siamo indotti a fare con un oggetto sconosciuto che, una volta pervenuto nelle nostre mani, viene da noi girato e rigirato fino a che ogni suo minimo dettaglio non ci è divenuto familiare. A questo punto risulterà probabilmente chiaro il modo in cui io venni progressivamente distaccandomi dalla «libera» associazione, nel senso che Freud le aveva inizialmente attribuito. Il mio scopo era quello di avvicinarmi quanto più possibile al sogno in sé escludendo tutte quelle idee e associazioni superflue che esso poteva evocare. Ciò poteva condurre ai complessi del paziente, ma il mio scopo mirava al di là della scoperta dei semplici complessi responsabili dei disturbi nevrotici.”
Gli sviluppi sulla teoria del sogno: i contributi di Marie-Louise von Franz,
Marie-Louise von Franz, stretta collaboratrice di Jung, contribuì alla stesura del suo celebre testo L’uomo e i suoi simboli (Jung, 1964). Nei suoi studi approfondì il ruolo dei sogni, spiegando come questi non siano semplicemente frammenti casuali della nostra psiche, ma seguano una logica interna, una sorta di percorso che guida l’individuo nell’elaborazione del proprio mondo interiore. Secondo von Franz, i sogni non solo riflettono i conflitti e le esperienze dell’inconscio, ma rivelano una direzione più profonda, quella che Jung definì “pulsione di individuazione”: una spinta naturale che porta a diventare noi stessi in modo sempre più autentico (Von Franz, 1987).
Von Franz, seguendo Jung, si pone una domanda più ampia: qual è il ruolo della vita onirica nella sua totalità? Questa riflessione è cruciale perché introduce un’idea centrale della psicologia analitica: i sogni non sono semplicemente frammenti isolati di significato, ma seguono un percorso, un disegno più grande (Jung, 1934/1969). Attraverso l’analisi di oltre 80.000 sogni, Jung scoprì che la loro successione nel tempo non è casuale, ma segue uno schema che nasce spontaneamente dal processo di individuazione. La ripetizione nei sogni di certe immagini oniriche persegue l’obiettivo di un processo di trasformazione della personalità (Von Franz, 1987).
Molti individui sognano frequentemente le stesse figure, situazioni o paesaggi. Tuttavia, se si osserva attentamente la sequenza dei sogni nel tempo, si nota che questi elementi non rimangono identici, ma hanno una progressiva evoluzione. Questo cambiamento, seppur spesso impercettibile, indica che il soggetto sta attraversando un processo di crescita psicologica. I sogni non sono semplicemente un riflesso statico dell’inconscio, ma un vero e proprio strumento di trasformazione interiore (Jung, 1960). Il modo in cui evolvono dipende anche dall’atteggiamento del sognatore: se egli è disposto a confrontarsi con i propri sogni e a interpretarli correttamente, il processo di individuazione può accelerare, favorendo un’integrazione più armonica degli aspetti inconsci nella personalità (Von Franz, 1987). Marie-Louise von Franz, stretta collaboratrice di Jung, contribuì alla stesura del suo celebre testo L’uomo e i suoi simboli. Nei suoi studi approfondì il ruolo dei sogni, spiegando come questi non siano semplicemente frammenti casuali della nostra psiche, ma seguano una logica interna, una sorta di percorso che guida l’individuo nell’elaborazione del proprio mondo interiore. Secondo von Franz, i sogni non solo riflettono i conflitti e le esperienze dell’inconscio, ma rivelano una direzione più profonda, quella che Jung definì “pulsione di individuazione”: una spinta naturale che porta a diventare noi stessi in modo sempre più autentico. Von Franz, seguendo Jung, si pone una domanda più ampia: qual è il ruolo della vita onirica nella sua totalità? Questa riflessione è cruciale perché introduce un’idea centrale della psicologia analitica: i sogni non sono semplicemente frammenti isolati di significato, ma seguono un percorso, un disegno più grande. Attraverso l’analisi di oltre 80.000 sogni, Jung scoprì che la loro successione nel tempo non è casuale, ma segue uno schema nasce spontaneamente dal processo di individuazione. Così che la ripetizione nei sogni di certe immagini oniriche perseguono l’obiettivo di un processo di trasformazione della personalità. Molti individui sognano frequentemente le stesse figure, situazioni o paesaggi. Tuttavia, se si osserva attentamente la sequenza dei sogni nel tempo, si nota che questi elementi non rimangono identici, ma hanno una progressiva evoluzione. Questo cambiamento, seppur spesso impercettibile, indica che il soggetto sta attraversando un processo di crescita psicologica. I sogni non sono semplicemente un riflesso statico dell’inconscio, ma un vero e proprio strumento di trasformazione interiore. Il modo in cui evolvono dipende anche dall’atteggiamento del sognatore: se egli è disposto a confrontarsi con i propri sogni e a interpretarli correttamente, il processo di individuazione può accelerare, favorendo un’integrazione più armonica degli aspetti inconsci nella personalità.
Secondo questa prospettiva cosi l’autrice si pronuncia:
“Una volta che si sia compresa l’importanza (cioè, la forza d’urto, costruttiva o distruttiva) dei simboli creati dall’inconscio, resta da risolvere il difficile problema della loro interpretazione. Il dottor Jung ha dimostrato che la soluzione del problema dipende dalla circostanza che ogni particolare interpretazione «scatti», abbia un significato, nei confronti dell’individuo interessato. In tal modo ha indicato quali possano essere significato e funzione del simbolo onirico. Ma, nel corso dello sviluppo della teoria di Jung, questa possibilità ha dato origine a un altro problema: qual è il fine della vita onirica individuale “nella sua totalità”? Quale ruolo dispiegano i sogni, non solo nella economia psichica immediata, ma nella vita complessiva dell’uomo? Sottoponendo a osservazione una grande quantità di soggetti, e studiandone i sogni (Jung riteneva di avere interpretato almeno 80000 sogni), Jung scoprì non solo che tutti i sogni sono, in varia misura, rilevanti per la vita del soggetto, ma che essi si inseriscono in una trama complessa di fattori psicologici.E scoprì anche che, nella loro globalità, i sogni si presentano secondo un certo schema. Jung chiamò tale schema «il processo di individuazione». Dal momento che i sogni creano immagini e situazioni nuove notte per notte, chi non sia un buon osservatore non potrà essere in grado di individuare la loro struttura schematica generale. Ma, se si studiano e si controllano i propri sogni durante un periodo di qualche anno, e se ne esamina la successione, si vedrà che, nel corso di questa, certi contenuti emergono, si dissolvono e si presentano di nuovo. Molti sognano spesso le stesse figure o situazioni, gli stessi paesaggi; tuttavia, se ci si desse la briga di seguire la serie di tali immagini, ci si renderebbe conto che esse mutano, lentamente ma percettibilmente. Questi mutamenti possono accelerare il loro ritmo, se l’atteggiamento del soggetto sognante è influenzato da opportune interpretazioni dei sogni e dei loro contenuti simbolici. Così, la nostra attività onirica crea e segue uno schema tortuoso nel quale, di volta in volta, le tendenze e i motivi individuali si manifestano, scompaiono e si presentano nuovamente. Esaminando, nel corso di un lungo periodo di tempo, questo disegno ovviamente obliquo, sarà possibile individuare l’opera di una recondita tendenza direzionale o regolatrice, che determina un lento, impercettibile processo di sviluppo psichico – il processo di individuazione”.(Jung, 1964, p. 161).
Conclusione
L’analisi della vita onirica, come emerge dalla prospettiva junghiana e dagli studi di Marie-Louise von Franz, rivela il sogno come un fenomeno dotato di una logica interna e di una funzione trasformativa. Mentre Freud (1900/1953) vedeva nel sogno una via di accesso ai desideri rimossi, Jung (1944/1953) ha ampliato questa visione, riconoscendo nei sogni un processo teleologico, volto all’integrazione della personalità e alla realizzazione del Sé. La tecnica della circumambulazione, da lui introdotta, mostra come il sogno non debba essere frammentato attraverso la libera associazione, ma considerato nella sua totalità per coglierne il senso profondo (Jung, 1961/1989). Questo approccio permette di comprendere il sogno non solo come un riflesso di conflitti inconsci, ma come una guida attiva che orienta il soggetto verso una maggiore completezza interiore. Von Franz (1987) ha evidenziato come i sogni non siano episodi isolati, ma elementi di un processo più ampio che segue un andamento evolutivo. La loro ripetizione e trasformazione nel tempo dimostrano l’esistenza di una forza regolatrice interiore che guida il soggetto lungo il percorso di individuazione. Alla luce di queste considerazioni, il fine ultimo della vita onirica sembra andare oltre la semplice compensazione psicologica o la rielaborazione di contenuti inconsci: essa si configura come un processo dinamico che, attraverso il linguaggio simbolico, accompagna l’individuo verso una comprensione più autentica di sé e del proprio posto nel mondo.
Bibliografia
Freud, S. (1953). The interpretation of dreams (J. Strachey, Trans.). Hogarth Press. (Original work published 1900)
Jung, C. G. (1934/1969). Gli archetipi e l’inconscio collettivo. Bollati Boringhieri.
Jung, C. G. (1953). Psychology and alchemy (R. F. C. Hull, Trans.). Princeton University Press. (Original work published 1944)
Jung, C. G. (1960). Psicologia e alchimia. Bollati Boringhieri.
Jung, C. G. (1961). Memories, dreams, reflections (A. Jaffé, Ed.). Vintage Books. (Original work published 1961)
Jung, C. G. (1964). L’uomo e i suoi simboli. Longanesi.
Jung, C. G. (1964). Man and his symbols. Doubleday.
Jung, C. G. (1980). Collected works of C. G. Jung, Vol. 9: The archetypes and the collective unconscious (R. F. C. Hull, Trans.). Princeton University Press. (Original work published 1953)
Jung, C. G. (1989). Memories, dreams, reflections (A. Jaffé, Ed.). Vintage Books. (Original work published 1961)
Von Franz, M.-L. (1987). On dreams and death: A Jungian interpretation. Open Court Publishing.