Rileggere NARCISO:
la melanconia dalla separazione dal tutto
Spunti di riflessione dalle lettere di Lou Salomè ad Anna Freud
Vorrei condividere con voi uno straordinario stralcio preso dagli scritti della psicoanalisi. Si tratta di una riflessione presente nelle lettere che Lou Salome scrisse a Anna Freud in cui esprime il sentimento di gratitudine che lei prova verso la psicoanalisi per averle ridato un senso di pienezza in questo straordinario viaggio. Di grande bellezza in questa lettera è la riflesione che lei fa’ sul mito di Narciso e come può essere letto diversamente da come fece Freud. Lou dice che Narciso nel mito può espriemre quel sentimento di appartenenza a un tutto benevolo che desidera la realizzazione delle sue parti, secondo Salomè è in questo senso che si possono cogliere gli sguardi di amore tra Narciso e la sua immagine riflessa nella natura.
Andando nel dettaglio nelle lettere lei descrive una esperienza di grande dolore e lacerazione di quando era bambina. Quando si è sentita strappare dal sentimento di armonia con il creato e con il tutto, e come nel suo percorso analitico sia potuta ritornare a quell’esperienza ricucendo quella separazione risanando quello strappo. Uno dei contributi straordinari, che secondo mè, fa superare l’allieva al maestro è una osservazione critica che Salomè fa su Freud a proposito del bisogno dell’uomo di religione, intesa come spiritualità, e in questo rivisita in una nuova luce il mito di Narciso.
Sentiamo con le parole di Lou Salomè cosa dice a tal proposito ad Anna Freud, ma non prima di ricordare come le due donne fossero legate da una profonda amicizia, consapovoli della profonda comprensione reciproca circa i vissuti quell’esperienza analitica che entrambe avevano sperimentato con Freud, padre per una e maestro per l’altra.
E in base a questa esperienza Lou Salomè scrive:
“Io sono grata verso chi ha il forte potere di farmi provare amore.[] Una cosa mi è comunque chiarissima … la gratitudine che ho sperimentato verso la psicanalisi… la mia… quella … che ho sperimentato su me stessa… e di conseguenza verso tuo padre.
Due soggetti, medico e paziente compiono una profonda esperienza comune, che consiste in un viaggio nella profondità dell’inconscio in cui ci si rivela ad entrambi … l’uno all’altro… una parte di quella realtà psichica che, altrimenti non si può cogliere se non nell’espressione della patologia o dell’arte. Esattamente per questa ragione che l’uscita anche per il malato non è determinata solo da una rinuncia, che alla fine gli permetta di volgersi di nuovo verso la realtà… ma l’esperienza comune di cui ti ho appena parlato, comporta un elemento positivo al più alto grado… che lo riunisce nuovamente alla vita… vale a dire che forte di una gioia di uno slancio rinnovati, porta verso la realtà perché è così che agisce l’energia.”
Lou Salomè racconta di un’esperienza vissuta da bambina in seguito alla perdita del suo sentimento religioso che propabilmente rappresentava il suo desiderio di essere una parte importante di un’unità più grande. Forse dovuta anche dalle condizioni culturali del tempo e dal destino che le donne avevano all’interno delle famiglie, bisogna riscordare che Lou era l’unica figlia dopo quattro fratelli, l’ultimo genita e probabilmente si sarà sentita colei il cui ruolo era assoggettato alle decisioni di tutti gli altri.
Ma ritornando alla crisi spirituale di quel passato era accaduto che lei aveva avuto l’impressione di aver sentito davanti alla propria immagine allo specchio come una specie di espropriazione. Cioè, all’improvviso davanti alla propria immagine, Lou si sentì esclusa da quel Cosmo che aveva al centro Dio. Lei riferendo il suo vissuto di perdita del proprio sentimento religioso che fino a quel momento l’aveva accolta, descrive la sua ferita emotiva come un’esperienza di espropriazione. Questo porta Lou a riflettere e le giunge alla mente l’immagine di Narciso e suppone che, forse, nel mito vi sia qualcosa in più di ciò che Freud via abbia saputo vedere.
Secondo Lou Salomè non è possibile guardare Narciso senza tenere a mente lo stato di pienezza originaria, paragonabile solo a quello stato di beatitudine fusionale con il materno. Quindi che cosa ci suggerisce Lou? Forse che l’immagine di Narciso, che sostanzialmente guarda la propria immagine, si rivolge in verità ad uno specchio che non è artificiale, in quanto acque della natura, dunque, egli non vede solo se stesso, ma anche se stesso. Narciso guarda la propria immagine circandata dalla beatitudine di un tutto che lo contiene in un unione in cui lui è partecipe a così tanta perfezione.
Lou Salomè a questo proposito scrive:
“Non è di grande importanza se si abbia più o meno il senso dell io, né se si cambi, di più o di meno, ma all’interno di questo insieme, di cui il senso dell’io fa parte, non apparteniamo a nient’altro che non a questi contenuti del mondo che cambiano a grande velocità? Noi siamo tali contenuti… come tutto il resto… e momenti in cui prendiamo coscienza di questo dato di fatto sono in realtà quelli in cui qualcosa che ci oltrepassa ci strappa… talmente al nostro io personale… e ci mette nella condizione di subire. Allora notiamo felici e liberati che ciò non corrisponde nè a un disinteresse nè a una rinuncia a se stessi quanto piuttosto alla massima soddisfazione. Si tenga presente che il Narciso del mito non sta davanti a uno specchio artificiale ma davanti a quello della natura, forse non scorge nell’acqua solo se stesso, ma anche se spesso come un tutto… diversamente e forse… non avrebbe inventato ma sarebbe fuggito. In effetti non leggiamo da sempre sul suo volto accanto al rapimento la melanconia? In che modo le due cose si fondano in una? Felicità e dolore lo stato in cui uno viene sottratto a sé stesso e quello in cui viene respinto su se stesso, abbandonano estatico e autoaffermazione, solo il poeta saprebbe conferirgli espressione!”
Negli scritti si evince come Salomè sia rapita in questi pensieri e alle volte sia difficile da seguire, ma la sua intuizione su Narciso ci rimanda a un desiderio presente in tutti gli esseri umani quello di vivere in un’armonia con il mondo e di sentire nel cuore un sentimento di profonda gratitudine e pace per quello che si è, sin è fatto, e di come si è vissuta la vita.
In questo i percorsi di psicoterapia o di crescita personale, (come anche le persone sagge che incontriamo sul nostro cammino), possono contribuire a promuvere ma è importante ricordare che spesso c’è bisogno di fare qualcosa, di essere coraggiosi, abbracciare le nostre difficoltà e aprirci a nuove possibilità.
Grazie per l’attenzione.
Dott.ssa Giulia I. De Carlo
Psicologa, Psicoterapeuta psicoanalitico
Studio Privato: Corso Gramsci 133, Palagianello (Ta) tel 3201987812