Il PDM 2 è un Manuale Diagnostico Psicodinamico uscito in 2° edizione. L’obiettivo della prima versione del PDM era quello di segnalare che anche la teoria psicoanalitica poteva contare su un valido supporto empirico. II PDM-2 è stato influenzato dal rilievo e dall’utilità clinica di formulazioni diagnostiche di impronta psicodinamica come “gli stili nevrotici” di Shapiro, “il modello delle relazioni oggettuali” di Kernberg ed i contribuiti di Nancy McWilliams sulla diagnosi e sulla formulazione del caso. Si tratta di un testo che cerca di fare un integrazione tra comprensione nomotetica e conoscenza idiografica in quanto entrambe sono utili alla formulazione del caso e alla pianificazione di trattamenti “su misura”. Parleremo per primo di Shapiro e poi daremo una definizione dei concetti di comprensione nomotetica e conoscenza idiografica. Il testo “gli stili nevrotici” di Shapiro fu scritto nel 1965 l’innovazione che portò nel campo psicodinamico è che mise in risalto che al di là dei sintomi che un individuo può mostrare, questi hanno una ragione di essere se si prende in esame l’intera sfera delle caratteristiche profonde della personalità che li manifesta. Fu uno dei primi testi che mise in risalto che può esistere uno “stile personale” esteriore di un individuo e come questo può manifestare nel comportamenti dei tratti preminenti. Queste modalità possono essere degli aspetti caratteriali prevalenti ma con una loro certa flessibilità al bisogno oppure diventare rigide e pervasive. In questo secondo caso il grado di rigidità e di inflessibilità verso risposte emotive e comportamentali adeguate al contesto potrebbe svelare un disturbo della personalità o una diversa psicopatologia. Bisogna mettere in evidenza che il testo è stato scritto nel 1965 perché in quegli anni venivano approfondite le diagnosi di quei disturbi che non potevano essere contemplati come psicosi perché i soggetti non deliravano ma nemmeno nevrosi in quanto i sintomi che i soggetti presentavano erano molto debilitanti. Questi disturbi di mezzo aprirono alla classificazione dei disturbi di personalità, della categoria Borderline e degli stati limite. La novità di Shapiro in quel tempo fu quella di evidenziare come queste patologie di mezzo potevano essere raggruppate insieme in seguito a dei comuni denominatori, quelli che oggi chiamiamo tratti o nuclei della personalità. Le più comuni caratteristiche da lui osservate furono gli aspetti legati alle ossessioni, fobie, paranoia, sregolazione emotiva, impulsività e aspetti legati alle manifestazioni isteriche. In particolare l’autore nel testo si concentra su alcuni stili, potremmo dire anche “caratteri” domandandosi :
Chi è l’ossessivo?
Come si comporta un paranoico?
Cosa fa tipicamente un isterico?
E la persona impulsiva?
Questo libro è probabilmente un must have per chi vuole capire comportamenti, modi di pensare e modalità di relazionarsi di quattro grandi categorie di personalità patologica: quella ossessiva, quella paranoide, quella isterica e quella impulsiva. David Shapiro scrisse un libro di grande valore, che ancora oggi è un pratico riferimento per comprendere meglio certi aspetti della natura umana. C’è da fare innanzitutto un chiarimento. Per praticità ci si riferisce a “personalità patologica”, ma in realtà Shapiro parla di stili individuali, la patologia subentra sè queste modalità diventano le uniche che questi individui manifestano in ogni contesto di vita producendo vari gradi di distorsione della realtà e di conseguenza disadattamento. “Si possono trovare stili o modi capaci di descrivere degli aspetti generali del funzionamento (come cognizione, esperienza emotiva e simili)» dice l’autore (p. 11), spiegando come questi stili aiutino a comprendere meglio i sintomi e in generale la persona stessa, poiché sono coerenti nel tempo, dando un’idea di “come funziona la persona”.
Nello scenario psicodinamico ormai è opinione comune che i sintomi possono essere meglio compresi se si conosce la natura della personalità da cui emergono. Possiamo vedere la personalità quel gran contenitore che si definisce nel tempo, i sintomi che poi potranno emergere saranno quelli che attecchiranno a quel particolare modo di essere. Il libro si concentra quindi su quattro stili nevrotici che di per se vanno intesi come tratti preminenti, la patologia potrebbe subentrare se tali caratteristiche producono disadattamento e sofferenza nell’individuo. I quattro stili sono descritti di seguito.
Lo stile ossessivo, la cui caratteristica principale è sicuramente la rigidità, più o meno pervasiva, di percezioni e comportamenti. Tuttavia Shapiro si concentra anche su un aspetto particolare: «Per loro qualunque cosa sembra deliberata. Nulla è senza sforzo» (p. 35). Detto in parole semplici, analizza la tipica difficoltà degli ossessivi a “lasciarsi andare“, sia affettivamente che nel pensare e nel comportarsi.
Lo stile paranoide, a cui dedica un lungo capitolo. Caratterizzata da sospettosità e insicurezza elevati a livelli eccessivi. Shapiro riprende questi aspetti e li spiega per bene, mostrando che deformazioni della realtà comportano quando diventano un «modo di pensare e di conoscere». Un aspetto interessante che l’autore affronta è la ‘rigidità percettiva‘ dello stile paranoide, cioè il fatto di essere sempre e solo attento ai dettagli che confermano le proprie convinzioni, fino a una distorsione massiva.
Lo stile isterico, che seppure oggi è demodè non è comunque meno interessante. Nel senso che oggi non si parla più un granché di “isteria”, né di personalità isterica (semmai di personalità istrionica, che ne ha raccolto dei tratti). Tuttavia con ‘stile isterico’ possiamo identificare dei modi di pensare e di agire ancora oggi comuni: la superficialità (cioè il fatto di cogliere ‘impressioni’ e ‘sensazioni’ della realtà – cose, eventi, persone ecc. – senza fermarsi ad approfondire), l’impressionabilità (cioè l’essere facilmente influenzabili da opinioni, pressioni, aspettative, emozioni ecc., specialmente se di grande effetto e scarso contenuto) e delle conoscenze nozionistiche e mai molto approfondite.
Gli stili impulsivi, in cui possono ricadere eventualmente un gran numero di condotte problematiche: alcolismo, il gioco d’azzardo, condotte auto ed etero lesionistiche, psicopatie, fino a organizzazioni di personalità borderline. In altre parole si riscontrano «esperienze improvvise di azioni in cui il senso di deliberatezza e d’intenzione attiva è fortemente danneggiato» (p. 123): il contrario dello stile ossessivo.
“Stili nevrotici” non è certo un libro divulgativo, ma nemmeno troppo sofisticato. Un pregio riconosciuto fu proprio quello di essere libero da tecnicismi, per presentare delle descrizioni il più possibili fedeli a ciò che si osserva spontaneamente, libere da eccessivi preconcetti teorici. In più Shapiro unisce costantemente le sue spiegazioni con delle vignette cliniche, cioè degli esempi di casi clinici che aiutano a capire ogni passaggio descritto. Per chi vuole approfondire la natura umana, in particolare facendosi un’idea su quattro grandi caratterizzazioni patologiche (poiché tratti ossessivi, paranoidi, isterici e impulsivi possono essere riscontrabili in un gran numero di disturbi psicologici), stili nevrotici è un ottimo libro, nonché un testo storico nell’ambito della psicologia clinica. Per le Teorie di Kernberg e di Nancy Mc Williams queste meritano degli spazi più ampi, per riprendere la questione del PDM 2 è importante una precisazione, cosa significa un’impostazione ideografica e nomotetico.
Definizione di idiografico e nomotetico
I metodi idiografici e nomotetici rappresentano due diversi approcci alla comprensione della vita sociale. Un metodo idiografico si concentra su singoli casi o eventi. Gli etnografi, ad esempio, osservano i minimi dettagli della vita quotidiana per costruire un ritratto generale di un gruppo specifico di persone o comunità. Un metodo nomotetico, d’altra parte, cerca di produrre affermazioni generali che tengano conto di modelli sociali più ampi, che formano il contesto di singoli eventi, comportamenti ed esperienze individuali.
Sfondo storico
Il filosofo tedesco del diciannovesimo secolo Wilhelm Windelband, un neokantiano , introdusse questi termini e ne definì le distinzioni. Windelband ha usato la nomotetica per descrivere un approccio alla produzione di conoscenza che cerca di fare generalizzazioni su larga scala. Questo approccio è comune nelle scienze naturali ed è considerato da molti il vero paradigma e obiettivo dell’approccio scientifico .
Applicazione in sociologia
La sociologia è una disciplina che collega e combina questi due approcci, il che è simile all’importante distinzione micro/macro della disciplina. I sociologi studiano le relazioni tra le persone e la società, sia a livello micro che macro . Le persone e le loro interazioni ed esperienze quotidiane costituiscono il micro. La macro è costituita dai più grandi modelli, tendenze e strutture sociali che compongono la società. In questo senso, l’approccio idiografico si concentra spesso sul micro, mentre l’approccio nomotetico viene utilizzato per comprendere il macro. Dal punto di vista metodologico, ciò significa che questi due diversi approcci alla conduzione della ricerca nelle scienze sociali spesso cadono anche lungo il divario qualitativo/quantitativo. In genere si utilizzano metodi qualitativi come la ricerca etnografica , l’osservazione partecipante , le interviste e i focus group per condurre ricerche idiografiche. Metodi quantitativi come indagini su larga scala e analisi statistiche di dati demografici o storici verrebbero utilizzati per condurre ricerche nomotetiche. Tuttavia, molti sociologi ritengono che la migliore ricerca combinerà sia gli approcci nomotetici che idiografici, nonché i metodi di ricerca sia quantitativi che qualitativi. Ciò è efficace perché consente una profonda comprensione di come le forze sociali, le tendenze e i problemi su larga scala influenzino la vita quotidiana delle singole persone. Ad esempio, se si volesse sviluppare una solida comprensione dei numerosi e vari effetti del razzismo sui neri, sarebbe saggio adottare un approccio nomotetico allo studio della prevalenza degli omicidi della polizia e degli impatti sulla salute delle disuguaglianze strutturali , tra le altre cose che può essere quantificato e misurato in gran numero. Ma sarebbe anche saggio condurre etnografie e interviste per comprendere le realtà esperienziali e gli effetti del vivere in una società razzista, dal punto di vista di coloro che ne fanno esperienza. Allo stesso modo, se si stesse conducendo uno studio sociologico sul pregiudizio di genere , si potrebbe combinare sia l’approccio nomotetico che quello idiografico. Un approccio nomotetico potrebbe includere la raccolta di statistiche, come il numero di donne in cariche politiche o dati sul divario retributivo di genere. Tuttavia, i ricercatori farebbero bene a parlare anche alle donne (ad esempio, attraverso interviste o focus group) delle proprie esperienze con il sessismo e la discriminazione. In altre parole, combinando le statistiche con le informazioni sulle esperienze vissute degli individui, i sociologi possono sviluppare una comprensione più completa di argomenti come il razzismo e il sessismo. Con un approccio nomotetico, si conduce un’osservazione e una sperimentazione attente e sistematiche per ricavare risultati che possono essere applicati in modo più ampio al di fuori del regno dello studio. Potremmo pensarle come leggi scientifiche o verità generali che sono emerse dalla ricerca nelle scienze sociali. In effetti, possiamo vedere questo approccio presente nel lavoro del primo sociologo tedesco Max Weber , che scrisse sui processi di creazione di tipi e concetti ideali destinati a fungere da regole generali. D’altra parte, un approccio idiografico è quello che è specificamente focalizzato su un caso, luogo o fenomeno particolare. Questo approccio è progettato per derivare significati specifici per l’obiettivo della ricerca e non è necessariamente progettato per estrapolare generalizzazioni.
Bibliografia
Shapiro D. (1965) Stili nevrotici. Astrolabio
PDM2 (2018) Manuale Diagnostico Psicodinamico. Raffaello Cortina editore